Io non ho paura. Una riflessione su profughi, viaggi e nuovi inizi

Agosto è finito: qualcuno è stato in vacanza, qualcun altro è rimasto a casa, più o meno tutti hanno percepito il clima un po’ sospeso di questo periodo, anche solo a causa delle città un po’ più vuote e dei negozi un po’ più chiusi. Settembre coincide con il rientro, anche per chi non va più a scuola. Predispone ai nuovi inizi, anche per chi ha a che fare soltanto con la quotidianità, che comprende i piccoli o grandi problemi irrisolti che tutti noi affrontiamo nella vita e che, se possiamo, mettiamo in pausa durante le vacanze.

Quest’anno però è diverso. L’inizio corrisponde con la presa d’atto che stiamo vivendo una delle più grandi tragedie umanitarie. Migliaia di persone di altri Paesi, lontani e diversi dal nostro, stanno tentando di fuggire dalle loro terre per cercare rifugio e una nuova vita da qualche altre parte in Europa. Tutto questo non è cominciato ieri, ma ora la percezione di quello che sta accadendo diventa di giorno in giorno più forte, complici sia le immagini di morti grandi e piccoli sulle spiagge che vediamo girare sul web prima ancora che sulla carta stampata e in tv, sia la presenza fisica di stranieri che vediamo vagare nelle nostre città.

sofiaDiciamoci la verità: la maggior parte di noi nemmeno saprebbe individuare con precisione i Paesi di cui provengono su una carta geografica o saprebbe dire i nomi delle loro capitali, figuriamoci avere qualche nozione della loro storia passata e presente. Non sappiamo con precisione da cosa fuggono, non sappiamo quando le loro guerre sono cominciate, non conosciamo e non abbiamo mai visto le città e i villaggi da cui provengono. La maggior parte di noi sa quello che confusamente gira attraverso la selezione degli algoritmi dei social network o attraverso i video di qualche tv. E quindi nella testa si somma un po’ tutto: i tagliagole dell’Isis, l’11 settembre, gli sbarchi di Lampedusa, la presenza di poveracci che si aggirano per le città. Mancano gli strumenti interpretativi, la fatica per cercarli è troppa. Non abbiamo tempo. E abbiamo paura.

sofiaPaura che cresce nelle cittadine di provincia, dove già chi viene da un’altra cittadina a trenta chilometri di distanza è guardato con sospetto. Paura che aumenta in chi è abituato a muoversi poco, a scegliere da sempre il mare a cinquanta chilometri da casa per le vacanze, a schifarsi se nel proprio condominio vive uno straniero che non sa parlare ancora bene l’italiano e che cucina pietanze strane. A chi, insomma, ha poca familiarità con il diverso da se stesso. Perché in questo caso diverso coincide con pericoloso. Se ci pensiamo razionalmente, sappiamo bene che non è così. Sappiamo che il bene e il male stanno ovunque in ugual misura. Ma la paura non rende razionali, purtroppo. Bisognerebbe quindi insegnare a non avere paura.

Il miglior insegnamento, di solito, è l’esempio.

A me è capitato con i viaggi. Mi è sempre piaciuto partire per mete poco conosciute e battute, anche se vicine dal punto di vista geografico. Come ad esempio i Balcani. Quando anni fa ho cominciato ad andare in Bosnia o più recentemente in Albania, alcuni mi hanno chiesto: “Ma cosa vai a vedere là?”. Perché è normale pensare che il viaggio coincida con la visita a musei e la scoperta di monumenti o paesaggi. Tutte cose che, peraltro, io amo fare. Tutte cose che esistono ovunque, soltanto che lo ignoriamo. “Vado a vedere quello che c’è”, è sempre stata la mia risposta. Perché penso che avere la possibilità di andare a vedere quello che c’è in altre parti del mondo sia una delle cose più interessanti da fare nella vita. E quando torno, non soltanto sana e salva da questi luoghi, ma soprattutto arricchita da storie e incontri e con tante belle foto da mostrare, mi accorgo che la paura negli altri diminuisce. E che cominciano le domande e l’interesse. Significa che sono riuscita, soltanto con l’esempio, senza tentare di convincere nessuno, a creare una breccia in quella paura.

sofiaIo che non ho paura del profughi stranieri e non capisco perché dovrei averne, in questo nuovo inizio di settembre mi sento parecchio inutile. Mi sveglio al mattino, vado al lavoro, cerco di risolvere i miei problemi, organizzo un aperitivo con gli amici. I gesti che compio ogni giorno mi sembrano sempre più patetici. Perché si sta compiendo una delle più grandi tragedia umanitarie della storia e io continuo a vivere la mia vita come se nulla stesse succedendo, come se non mi riguardasse. La storia non si impara solo sui libri, non appartiene soltanto al passato, anche se quella forseci affascina di più. Spesso siamo parte della storia e non è possibile girarsi dall’altra parte, dire non lo sapevo oppure non mi riguarda. Avere paura sta diventando un lusso che non potremo permetterci ancora a lungo.

Sarebbe bello che i Governi dei vari Paesi europei decidessero di gestire davvero questa emergenza umanitaria e, ad esempio, chiamassero a raccolta quelli che non hanno paura. E sarebbe bello che ognuno di noi cercasse di capire quello che può fare per dare una mano, mettendo in pausa per un attimo il proprio quotidiano. Così dovrebbe cominciare questo settembre per essere davvero il migliore dei nuovi inizi.

 

Le immagini di questo post le ho scattate nella Galleria d’arte della città di Sofia, una delle mete del mio viaggio di agosto.

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RitagliDiViaggio
Giornalista, blogger e autrice di guide di viaggio, non riesce ad immaginare una vita senza viaggi per scoprire nuovi luoghi e conoscere culture diverse. Ama l'arte, la natura, la fotografia, i libri e il cinema. Appassionata di Balcani e di Europa dell'Est, di Medio Oriente e Sud Est asiatico, spera di riuscire a vedere tutto il mondo possibile.

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