Il viaggio di Vivian Maier, nelle sue foto la scoperta di se stessa e del mondo

Se ancora non conoscete l’opera e la straordinaria storia della baby-sitter fotografa scoperta soltanto nel 2007, due anni prima della sua morte, vale davvero la pena saperne di più, perché si tratta di una vicenda incredibile, oltre a far riflettere anche sulla vera identità di persone che spesso definiamo anonime, perché all’apparenza conducono una vita umile e ordinaria. Mentre dentro di loro nascondono un mondo, e spesso anche un talento.

Una bella occasione per conoscere il lavoro di questa fotografa è la mostra “Vivian Maier. Shadows and Mirrors” a palazzo Sarcinelli a Conegliano, in provincia di Treviso, fino all’11 giugno 2023. La mostra, curata da Anne Morin, in collaborazione con Tessa Demichel e Daniel Buso, espone 93 autoritratti scattati tra New York e Chicago, oltre a uno a Bangkok. Vivian Maier fotografò per oltre 40 anni, a partire dai primi anni ’50, mentre lavorava come baby-sitter. La sua vita si svolse nel più totale anonimato.

Vivian Maier
Vivian Maier

LA VITA DI VIVIAN MAIER

Vivian Maier nasce a New York nel 1926 da padre di origini tedesche e madre francese. I genitori ebbero una relazione travagliata, tant’è che il fratello più grande di sei anni visse sotto la custodia legale dei nonni paterni e Vivian si trasferì a vivere prima con la madre e la fotografa Jeanne Bertrand prima nel Bronx e poi nel 1932 in Francia. Nel 1938 tornò a New York con la madre per prendersi cura del fratello appena uscito dal riformatorio, per poi trasferirsi nel Queen a vivere con un amico di famiglia, dove cominciò a lavorare in una fabbrica di bambole.

Nel 1950, ereditata e venduta la proprietà di famiglia in Francia, acquistò la sua prima macchina fotografica, due anni dopo comprò la Rolleiflex e iniziò a scattare per strada. Nel frattempo aveva cominciato a lavorare come baby-sitter. Grazie a questo lavoro visitò il Canada e gli Stati Uniti e nel 1955 so traferì a Los Angeles, lavorando come tata per i figli di musicisti. Infine si stabilì a Chicago dalla famiglia Gensburg, per la quale lavorò per 11 anni. Durante questo periodo fotografò molto e si allestì una camera oscura nel seminterrato. Nel 1959 si prese sei mesi per navigare intorno al mondo e visitò Filippine, India, Yemen, Thailandia e vari paesi europei. Dopo i Gensburg, dal 1967 in poi, Vivian cambiò di continuo datori di lavoro e passò alla fotografia a colori e alla Leica. Cominciò anche a filmare in 8 e 16mm e a conservare appunti, stampe e giornali. Continuò a fotografare fino al 1999. I fratelli Gensburg contribuirono al suo sostentamento, fino alla morte, sopraggiunta nel 2009, a Chicago, a 83 anni.

Vivian Maier
Vivian Maier
Vivian Maier
Vivian Maier

LA FOTOGRAFIA DI VIVIAN MAIER

Fu John Maloof a scoprire Vivian Maier. Volendo realizzare un libro su Chicago, Maloof durante le sue ricerche trovò in una casa d’aste una scatola di negativi che rappresentavano la città negli anni ’60. Comprò il lotto e dopo un po’ si rese conto che aveva tra le mani qualcosa di così unico da spingerlo a diventare fotografo egli stesso. Il suo interesse per lo stile di Vivian Maier divenne quasi un’ossessione, tant’è che decise di ricostruire l’archivio della sua opera fotografica, riuscendo a raccogliere quasi il 90% della produzione della fotografa, salvandolo dalla dispersione. Si tratta in tutto di oltre 120mila negativi, più di tremila stampe e centinaia di rullini e pellicole cinematografiche. L’anonima baby-sitter divenne così una fotografa di fama internazionale, esponente di spicco della street photograpy.

Quello che la Maier fa con il mezzo fotografico è qualcosa di estremamente moderno per quell’epoca e di grandissimo fascino ancora oggi. Ogni suo scatto ha almeno due piani di lettura: l’oggetto fotografato e la sua persona. Vivian nelle sue foto compare in diversi modi, in primo piano o in un angolo dell’immagine. A volte la sua presenza è talmente minuscola da risultare quasi invisibile e in ogni scatto diventa anche un gioco divertente in cui scoprire dove compare la fotografa.

L’interesse della Maier per l’autoritratto non ha un fondamento narcisistico, ma è una ricerca d’identità, condotta in modo quasi disperato. La vita della fotografa fu una sorta di non-esistenza, anche a causa della sua condizione sociale, passò da una famiglia all’altra accudendone i bambini, ridotta quasi all’invisibilità. La fotografia divenne così la sua più grande passione e il modo scelto per rapportarsi con il mondo esterno e con la sua ricerca interiore. Con le sue foto ci lascia un’immagine di se stessa al confine tra la scomparsa e l’apparizione del suo doppio.

Vivian Maier
Vivian Maier
Vivian Maier
Vivian Maier
Vivian Maier
Vivian Maier

LE TRE SEZIONI DELLA MOSTRA

Nelle dieci sale, di cui una dedicata alle pellicole girate dalla Maier, i quasi 100 autoritratti sono suddivisi in tre sezioni: Riflessi, Ombre e Specchi, ovvero le tre categorie chiave in cui si possono raggruppare gran parte delle opere della fotografa, che utilizza questi tre stratagemmi sia come strumento sia come soggetto delle sue foto.

Riflessi

La prima sezione mostra l’abilità di Vivian di utilizzare i riflessi per la propria autorappresentazione. Al limite tra il visibile e l’invisibile, tra il riconoscibile e l’irriconoscibile, Vivian utilizza ogni sorta di rifletto – da quello più classico delle vetrine dei negozi a quello più inconsueto del cerchione di un’auto – per fotografare e fotografarsi.

Il suo volto molto spesso ci sfugge, non è visibile, oppure è seminascosto da qualche oggetto o ancora i suoi lineamenti sono sfalsati. In ogni caso, c’è la certezza della sua presenza e, al tempo stesso, della parte di universo che la fotografa vuole immortalare.

Vivian Maier - Riflessi
Vivian Maier - Riflessi
Vivian Maier - Riflessi
Vivian Maier - Riflessi
Vivian Maier - Riflessi
Vivian Maier - Riflessi

Ombre

È forse la sezione più enigmatica. In modo straordinariamente originale e moderno, Vivian Maier, fotografa la sua ombra, inserendola nella scena. Può essere un semplice paesaggio, un’architettura originale o, in modo ancora più inconsueto, un soggetto catturato per strada, lungo le vie di Chicago o New York.

L’ombra è il primo livello di autorappresentazione, sottolinea la presenza senza rivelare quello che rappresenta. In molte foto sembra quasi la firma della fotografa più che il suo autoritratto.

Vivian Maier - Ombre
Vivian Maier - Ombre
Vivian Maier - Ombre
Vivian Maier - Ombre
Vivian Maier - Ombre
Vivian Maier - Ombre

Specchi

Le foto in cui Vivian Maier sperimenta il gioco di riflessi degli specchi sono probabilmente quelle più scenografiche, oltre che molto attuali, visto che a prima vista richiamano tutto il tema dei selfie, così familiari alla nostra quotidianità.

In queste immagini il volto o la figura di Vivian è frammentato, oppure posto di fronte a un altro specchio o ancora è il suo viso ad essere proiettato su altri specchi, creando un effetto a cascata. In questo caso la fotografa affronta il proprio sguardo, a volte rivolto verso l’obiettivo, altre verso la macchina fotografica. Il risultato è sorprendente.

Vivian Maier - Specchi
Vivian Maier - Specchi
Vivian Maier - Specchi
Vivian Maier - Specchi
Vivian Maier - Specchi
Vivian Maier - Specchi

VIVIAN MAIER. Shadows and Mirrors

Conegliano, Palazzo Sarcinelli

23 marzo – 11 giugno 2023

Orari di apertura: da giovedì a domenica e nei giornij festivi, dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 19. Lunedì, martedì e mercoledì chiuso.  Aperture straordinarie: 9 e 10 aprile, 1° maggio e 2 giugno

Ingresso: 13 euro

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RitagliDiViaggio
Giornalista, blogger e autrice di guide di viaggio, non riesce ad immaginare una vita senza viaggi per scoprire nuovi luoghi e conoscere culture diverse. Ama l'arte, la natura, la fotografia, i libri e il cinema. Appassionata di Balcani e di Europa dell'Est, di Medio Oriente e Sud Est asiatico, spera di riuscire a vedere tutto il mondo possibile.

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