La complessità della Turchia di oggi raccontata dal reporter Szablowski

A cavallo tra Oriente e Occidente, tra Europa e Asia, tra presente e passato, tra tradizione e modernità, la Turchia è forse uno dei Paesi più vicini e più controversi all’Europa.

Witold Szablowski, reporter polacco, racconta le luci e le ombre di un Paese dall’identità dinamica che affascina e spaventa allo stesso tempo in L’assassino dalla città delle albicocche, edito da Keller nel 2019.

Il sottotitolo è Reportage dalla Turchia. Di certo, è qualcosa di molto diverso dai tipici reportage di viaggio. Perché qui non è l’autore il protagonista del libro e non sono le sue impressioni sui luoghi e sulle persone il cuore del racconto. Nelle 280 pagine di reportage suddiviso in 17 capitoli sono le persone che Szablowski incontra a parlare direttamente, a volte in forma di intervista vera e propria, altre con una notevole quantità di citazioni nel testo che provano a far arrivare al lettore la testimonianza diretta di questi incontri, anche con il rischio di contaminare lo stile della narrazione. Un pericolo evitato dal fatto che i capitoli sono storie a sé e l’unitarietà del reportage non risulta intaccata dai vari cambi di registro.

Classe 1980, Szablowski ha ottenuto per i suoi reportage diversi riconoscimenti, come il Melchior 2007, la menzione di Amnesty International e il Premio Anna Lindh. Nel 2010 ha ricevuto il Premio del Parlamento europeo per il suo reportage Oggi verranno a riva due cadaveri.

I temi che Szablowski decide di affrontare sono per la maggior parte scabrosi, quelli di cui si parla poco o comunque troppo poco. Tra i capitoli che più scuotono le coscienze ci sono sicuramente quelli sul ruolo della donna, sia all’interno della famiglia d’origine sia su quella nata dal matrimonio, sull’onore e sul delitto d’onore, sulla violenza domestica, sulla mancanza di diritti delle donne, spesso uccise o costrette a prostituirsi, sull’assenza di leggi che tutelino la sicurezza delle donne. Quello che esce è un quadro a tinte foschissime, a tratti davvero agghiacciante, della società patriarcale turca.

Szablowski intervista attivisti di Gezi park, sceneggiatrici di soap opera, storici che condannano apertamente il genocidio degli armeni, sostenitori di Erdogan, giornalisti curdi, famiglie di migranti. Si sofferma sulla sessualità dei turchi, sulla condizione dei gay, sul mito di Ataturk e sulla storia semisconosciuta di sua moglie.

Parla di Smirne, “la Las Vegas della Turchia”, racconta Edirne attraverso la storia dell’architetto della moschea della città che voleva superare la grandezza di Santa Sofia, passa dall’Europa all’Asia su uno dei traghetti che più volte al giorno attraversano il Bosforo, si immerge nel “purgatorio di Istanbul”.

“Si va dall’Eruopa all’Asia. Il viaggio dura circa un quarto d’ora. Gli uomini d’affari insieme ai mendicanti, le donne nei chador insieme a quelle in minigonna, i non credenti con gli imam, le prostitute con i dervisci, chi è santo con chi non lo è. Tutta la Turchia su un traghetto. “I capitani di questi colossi sono dei moderni Caronte” dice Tayfun, un mio amico poeta di Istanbul. “Perché? Perché il viaggio attraverso lo stretto del Bosforo è bello e inquietante, Come la morte” (…) “Anch’io ho uno stretto dentro di me” dice, e getta un pezzo di pane verso i gabbiani che seguono il traghetto. “Ogni turco si sposta mille volte al giorno tra tradizione e modernità. Fra il cappello e il velo. La moschea e la discoteca. L’Unione Europea e l’ostilità verso l’Unione Europea”.

smirne
edirne
istanbul

Szablowski mette l’accento sulle contraddizioni e la complessità della società turca, “squarciata da uno stretto invisibile”, dove le ragazze bevono il caffè espresso e parlano di letteratura straniera con i loro ragazzi al mattino e al pomeriggio si mettono il velo e vanno dalla nonna a bere il caffè alla turca. La Turchia è un Paese dove il confine è un vantaggio che a tempo debito costringe a pagare un prezzo. L’Occidente considera i turchi fanatici, l’Oriente leccapiedi dell’Occidente.

“Ci sono due Istanbul. La prima appartiene ai turisti, agli alberghi a cinque stelle e ai festaioli. Orhan Pamuk vi cerca le fonti della propria nostalgia e i giapponesi carichi di macchine fotografiche ne fotografano ogni millimetro. Ogni anno arrivano qui più di dieci milioni di persone con le macchine fotografiche. In tutta la Turchia più di trenta milioni. (…) Ma non sono solo i turisti ad adorare la Turchia. Negli ultimi anni è stata il paradiso degli uomini d’affari, attirati da una crescita economica che superava il sette per cento. E dei politici che qui vedono i tentativi di consiliare l’Europa e l’Asia. Di questa Istanbul e e di questa Turchia il premier Erdogan dice che è un ponte fra Est e Ovest. Ma il vero ponte è oggi l’altra Istanbul. Per vederla bisogna uscire dal percorso turistico, entrare nelle strade laterali e aguzzare la vista”.

Yusuf, migrante libico la descrive così: “Istanbul è una città incredbile. Ci trovi quelli che dividono con te le croste di pane e quelli che ti tolgono un rene e poi lasciano in un canale”.

assassino città albicocche turchia
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assassino città albicocche turchia
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E l’assassino dalla città delle albicocche? Dovrete arrivare al terzultimo capitolo per scoprire chi sia. Io me lo sono chiesta per tutto il libro e dunque e io ho deciso che non voglio levare nemmeno a voi la sorpresa. Sappiate soltanto che sicuramente lo conoscete visto che è stato il protagonista di uno dei fatti di cronaca più eclatanti a livello mondiale all’inizio degli anni ’80 del Novecento. La città delle albicocche invece è Malatya, una città in cui “se non fosse per il calcio – il Malatyasport gioca in serie A, lo stadio ha perfino un campo in erba sintetica – qui si potrebbe morire di noia”. Però “in estate ci sono ancora le albicocche. Intorno alla città si estendono ettari di giardini con milioni di alberelli. La frutta va in tutta Europa. L’estate qui è verde-arancio, ha l’odore e il sapore delle albicocche”.

Dopo questa storia, che non vi svelo, l’autore trova ancora il tempo di raccontarvi quella delle scarpe baibaibusc che sta per bye bye Bush, il presidente americano e dei costumi da bagno per uomini e per donne, una delle ultime novità che ha permesso a molte donne turche di riscoprire il piacere del nuoto.

Perché questa – e molto altro ancora – è la Turchia e di certo Szablowski ha il merito di averne voluto raccontare alcuni degli aspetti più contraddittori e scabrosi di questo affascinante Paese, che ha da sempre costruito la sua fortuna e il suo fascino dall’essere il confine tra Oriente e Occidente.

“La dottoressa Hatice Ozturk, sociologa: “La struttura di un turco è uno stranissimo mix di orgoglio per il passato e complessi per il presente” spiega. “Siamo tutti fieri della potenza che un tempo eravamo. Oggi i motivi di vanto sono sicuramente di meno. Sì, è vero, abbiamo vinto l’Eurofestival. A calcio giochiamo benino. Ma i tempi in cui l’esercito del sultano arrivava fino a Vienna non torneranno più.”

Se questo libro vi incuriosisce, potete acquistarlo qui

TITOLO: L’assassino dalla città delle albicocche

AUTORE: Witold Szablowski

TRADUZIONE: Leonardo Masi

EDITORE: Keller, 2019

PAGINE: 280

Vincitore English Pen Award
Vincitore Beata Pawlak Award
Selezionato per il Nike Award

Giornalista, blogger e autrice di guide di viaggio, non riesce ad immaginare una vita senza viaggi per scoprire nuovi luoghi e conoscere culture diverse. Ama l'arte, la natura, la fotografia, i libri e il cinema. Appassionata di Balcani e di Europa dell'Est, di Medio Oriente e Sud Est asiatico, spera di riuscire a vedere tutto il mondo possibile.

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