Se c’è una mostra che a Roma non vorrei mai perdermi è quella del World Press Photo, il più grande e prestigioso premio di fotogiornalismo mondiale che ogni anno sceglie e premia gli scatti più incredibili dei fotografi di tutto il mondo. Organizzato dalla Fondazione World Press Photo, che a sede ad Amsterdam, il concorso diventa poi una mostra itinerante ospitata a Roma e, in ridotte dimensioni, anche a Milano. Purtroppo sono riuscita a vederla poche volte, perché raggiungere Roma e Milano dal profondo Nordest non è né veloce né economico.
Quest’anno avrei dovuto essere a Roma in questo periodo per presentare la guida di Sofia, ma altri impegni purtroppo mi hanno costretta ad annullare la presentazione. Per motivi di lavoro, invece, sono dovuta andare a Roma in giornata e, non so nemmeno io ancora come ho fatto, sono riuscita a ritagliarmi un’oretta per vedere la mostra prima di riprendere al volo il treno del ritorno.
La mostra rimarrà aperta fino al 28 maggio al Palazzo delle Esposizioni in via Nazionale (ingresso intero 12 euro, ma ci sono alcune riduzioni). Le fotografie sono scelte in base alla loro “capacità di offrire uno spaccato autentico, accurato e visivamente coinvolgente del mondo in cui viviamo”. Se siete da quelle parti, andate a darci un’occhiata, ci sono immagini straordinarie che raccontano il nostro presente.
Ora vi spiego come funziona questo premio e cosa potete vedere in mostra. Le foto le ho scattate io con il cellulare. È consentito farlo, anche se non ci si può avvicinare troppo alle foto e quindi la qualità è quella che è, però mi piaceva poter rendere almeno un po’ l’idea di tutta questa bellezza. Cliccate sulle foto per ingrandirle e vedere i particolari.
Alcune immagini potrebbero urtare la vostra sensibilità: c’è scritto all’ingresso e ve lo scrivo anch’io. Penso però che vedere cosa succede nel mondo grazie a chi lo ha visto con i propri occhi, spesso rischiando anche la vita, sia una possibilità straordinaria che dovremo cogliere e per la quale dovremmo soltanto essere grati.
Le foto sono scelte da una giuria che cambia ogni anno e che è composta da fotogiornalisti indipendenti dalla Fondazione. Tutte le foto vincitrici sono inoltre sottoposte a un rigoroso processo di verifica per garantire l’autenticità delle immagini e degli scenari proposti dai fotografi. “Oggi la libertà di espressione, la libertà di parola e la libertà di stampa sono più importanti che mai – si legge nella presentazione all’entrata della mostra – Il giornalismo visivo di qualità è essenziale per garantire un’informazione obiettiva e indipendente che è il presupposto di ogni libertà”.
Il concorso si divide in sette categorie – Spot News, Notizie Generali, Storie d’Attualità, Vita Quotidiana, Volti, Natura, Sport – che a loro volta hanno due sezioni, Reportage e Foto Singole. C’è poi un’ottava categoria, quella dei Progetti a lungo termine, l’unica delle quali non prevede sezioni ma invece ha un titolo per ogni sequenza di foto. I premiati per ogni sezione e categoria sono tre, per un totale di 45 fotografi selezionati, anche se non è detto che tutti i premi siano assegnati.
Tra i premiati c’è anche il vincitore assoluto della World Press Photo dell’anno. Nel 2017 ha vinto il turco Burhan Ozbilici, che si è aggiudicato anche il primo premio nella categoria Spot News sezione Reportage con le famose foto dell’assassinio dell’ambasciatore russo nella galleria d’arte di Ankara. Questo è sicuramente uno scatto che entrerà nella storia, ma se scorrete la serie di scatti selezionati nel corso degli anni, troverete altre foto mitiche. Chi può dimenticare, ad esempio, il ragazzo davanti al carro armato su piazza Tiananmen, immortalato nel 1989 da Charlie Cole?
La mostra è una carrellata di immagini non soltanto belle ed emozionanti. Queste foto riescono a raccontare, o a far immaginare, la probabile storia che si cela dietro ai protagonisti dello scatto. Mondi distanti da noi non soltanto a causa della geografia, ma anche per le condizioni di vita a cui i soggetti sono spesso costretti a causa della guerra o della fame oppure per lo stile di vita o la cultura. Mondi che diventano più vicini grazie all’abilità tecnica e alla sensibilità artistica del fotografo che ci fa conoscere ed entrare in empatia con il soggetto della sua foto.
Nelle sale la sequenza delle foto non segue la classifica dei premiati, inserendo i tre vincitori di ogni categoria uno di seguito all’altro, ma inserisce le opere dei vari fotografi un po’ casualmente. Io invece ho messo un po’ d’ordine e ora vi racconto chi sono i fotografi che hanno vinto e con quali opere.
I PRIMI PREMI 2017 NELLE DIVERSE SEZIONI
Burhan Ozbilici, Turchia
Jamal Taraqai, Pakistan
Categoria Spot News – Sezione Reportage
Le sei foto rappresentano la sequenza dell’omicidio dell’ambasciatore russo Andrey Karlov da parte di un poliziotto turco fuori servizio, Mevlut Mert Altintas, durante l’inaugurazione di una mostra in una galleria d’arte ad Ankara, lo scorso 19 dicembre. La foto centrale, quella che è stata decretata la foto dell’anno, ritrae l’assassino subito dopo aver colpito a morte l’ambasciatore, che giace al suo fianco a terra, mentre grida con il braccio alzato e la pistola in pugno “Allah è grande. Non dimenticate Aleppo. Non dimenticate la Sira”. Le altre foto mostrano l’ambasciatore ancora vivo con alle spalle l’inquietante ombra dell’omicida e i momenti subito dopo l’uccisione, compresi quelli con il pubblico impaurito ammassato in un angolo. Questa foto ha fatto il giro del web in poche ore subito dopo il tragico evento, diventando in breve tempo un’icona. L’assassino sarà ucciso subito dopo dalla polizia che ha fatto irruzione nella galleria.
Categoria Spot News – Sezione Foto singola
Anche la foto vincitrice della sezione Foto singola è un’immagine di morte, ancora più esplicita della precedente. Qui non è immortalata la morte di una singola persona, ma di una massa. E ci sono tutto il sangue e l’orrore che si possono soltanto provare a immaginare subito dopo un attacco kamikaze. Siamo lo scorso 8 agosto all’esterno dell’ospedale civile di Quetta, nel Belucistan, in Pakistan, e la foto immortala alcuni giovani avvocati e passanti sopravvissuti che, subito dopo l’attentato, brancolano tra i morti in stato confusionale, cercando di aiutare i feriti. Circa 200 avvocati e giornalisti si erano riuniti qui dopo l’assassinio, avvenuto poche ore prima, del presidente dell’ordine degli avvocati di Belucistan, Bilal Anwar Kasi. L’attacco ha causato 70 morti, di cui 60 erano avvocati, e 100 feriti ed è stato rivendicato da Jamaat-ul-Ahrar, una fazione dei talebani in Pakistan.
Valery Melnikov, Russia - I giorni neri dell'Ucraina
Categoria Progetti a Lungo Termine
La guerra è scoppiata nell’estremità orientale dell’Ucraina, nelle regioni di Donetsk e Lugansk, nell’aprile del 2014, quando i separatisti pro-russi hanno preso il controllo dell’area e il governo ucraino ha lanciato un’offensiva militare. Nei mesi successivi la situazione è peggiorata, anche perché la Russia ha fornito armi e sostegno ai ribelli. Chi ha subito le conseguenze di tutto questo? Ovviamente la popolazione civile di cui il fotografo è andato a immortalare le condizioni di vita dopo lo scoppio del conflitto. I civili sono costretti a sopravvivere in una situazione sempre più precaria, costretti ad assistere impotenti ala distruzione delle proprie case e delle proprie città senza poter fare nulla. Alcune immagini sono estremamente poetiche, come quella di un anziano che annaffia un fiore cresciuto nell’asfalto, mentre alle spalle si vede una casa distrutta dai bombardamenti. Il primo piano di un bambino che alza un braccio per nascondersi il viso incorniciato da auto bruciate mostra come siano sempre i più deboli e indifesi a soffrire di più durante le guerre.
Daniel Berehulak, Australia
Laurent Van der Stockt, Francia
Categoria Notizie Generali – Sezione Reportage
Siamo nelle Filippine, dove il neo presidente Rodrigo Duterte, eletto lo scorso 30 giugno, ha dato il via a una vasta operazione antidroga con violenti interventi repressivi. Secondo Amnesty International queste azioni hanno violato più volte i diritti umani. Secondo i dati della Polizia nazionale filippina, la guerra al narcotraffico ha generato 7.025 vittime da luglio a gennaio 2017 per mano di poliziotti o civili non identificati. Le immagini del reportage, molto esplicite, mostrano diverse vittime assassinate a Manila e a Quezon City. La foto che mi ha colpito di più però è quella che mostra una bimba di sei anni, Jimji Bolasa, piangere disperata e incredula davanti alla bara aperta con il corpo del padre, rapito e ritrovato ucciso da sconosciuti.
Categoria Notizie generali – Sezione Foto singola
Una bambina terrorizzata è la protagonista anche di questa foto, scattata a Gogiali, un quartiere di Mosul, in Iraq. Le forze speciali irachene antiterrorismo sono appena entrate in casa sua e stanno perquisendo l’abitazione, mentre la famiglia (la madre e il fratello, probabilmente) sono sull’uscio, lei è uscita e se ne sta paralizzata con la schiena contro il muro, talmente spaventata da non riuscire nemmeno a piangere. L’orrore rappresentato attraverso il corpo di una bambina è qualcosa di agghiacciante. Tuttavia trovo questa foto splendida, forse una delle mie preferite. Mosul è stata l’ultima roccaforte dell’Isis e le forse speciali, durante un’offensiva per liberare la città lo scorso inverno, hanno perquisito molte abitazioni alla ricerca di membri dell’Isis o segni del loro passaggio.
Amber Bracken, Canada
Categoria Storie d’Attualità – Sezione Reportage
Questo reportage ci riporta agli antichi ma mai sopiti contrasti con i nativi indiani americani. La storia è quella dell’oleodotto sotterraneo – il Dakota Accss Pipeline – costruito per trasportare petrolio dal Nord Dakota all’Illinois, dove si trova un terminal di trasbordo. Alla fine del 2016 i lavori erano quasi giunti al termine, tranne per il tratto che passava accanto alla riserva Sioux di Standing Rock. Gli indiani si opponevano all’opera nel timore che potesse contaminare l’acqua e i luoghi sacri. Le tensioni hanno portato ad alcune grandi manifestazioni nei pressi del lago Oahe. Le immagini raccontano una storia dai grandi contrasti in cui le scene con poliziotti antisommossa sono alternate a quelle di un uomo che abbevera il suo cavallo in uno scenario bucolico.
Jonathan Bachman, Usa
Categoria Storie d’Attualità – Sezione Foto singola
Eccoci ad un’altra delle mie foto preferite, un’immagine che sta avendo molto successo e vincendo anche altri premi oltre a questo. Come per il reportage, anche in questo caso ci troviamo di fronte a uno scontro. A contrapporsi, in questa foto scattata lo scorso 9 luglio, c’è una ragazza di 27 anni, Iesha Evans, e due agenti di polizia durante una manifestazione in Louisiana, davanti alla stazione di polizia di Baton Rouge. La manifestazione riguarda proprio le violenze della polizia verso le persone di colore e i contrasti sono culminati in seguito alla morte di Alton Sterling, ucciso da colpi di pistola mentre era immobilizzato a terra da due agenti. Secondo i dati di The Guardian un uomo di colore tra i 15 e i 34 anni aveva possibilità nove volte superiori di essere ucciso da un poliziotto rispetto a un coetaneo bianco. La ragazza della foto è stata arrestata e liberata poche ore dopo
Tomás Munita, Cile
Categoria Vita quotidiana – Sezione Reportage
Cuba e Fidel Castro: un binomio inscindibile. Queste immagini mostrano alcuni momenti del funerale dell’ex presidente di Cuba e guida della rivoluzione comunista, con il corteo funebre che attraversa Santa Clara. Le ceneri di Fidel sono state trasportate lungo la strada che ripercorreva a ritroso il percorso da Santiago a L’Avana del 1959, durante l’entrata vittoriosa di Castro nel Paese. Le condizioni di vita spesso precarie di molte famiglie sono dovute al lungo embargo degli Stati Uniti.
Paula Bronstein, Usa
Categoria Vita quotidiana – Sezione Foto singola
Siamo in Afghanistan, a Kabul, dove una bomba è appena esplosa mentre una mamma stava accompagnando a scuola i suoi bambini. Nonostante la guerra sia formalmente conclusa, nel Paese si continua a morire a causa degli scontri tra i ribelli talebani e l’esercito, appoggiato dagli Stati Uniti. Gli attacchi si svolgono anche nelle città e le vittime sono spesso civili. La foto raffigura Najiba mentre tiene tra le braccia il nipote Shabir di due anni, ferito dalla bomba che ha ucciso sua sorella. Una triste e contemporanea Pietà afghana.
Michael Vince Kim, Usa
Categoria Volti – Sezione Reportage
Amo molto le foto di questo reportage perché assomigliano a dipinti. Il soggetto è davvero originale. I volti raffigurati sono quelli dei discendenti dei maya coreani, di cui non conoscevo la storia. Nel 1905, un migliaio di coreani raggiunse il Messico fino alla penisola dello Yucatan. Speravano in un futuro migliore, invece diventarono schiavi nelle piantagioni di henequén. Molti volevano tornare in madrepatria, ma quando la Corea venne annessa all’Impero giapponese nel 1910, alcuni decisero di rimanere in Messico. Alcuni di loro cercarono lavoro anche nel resto del Messico e a Cuba. I migranti coreani erano soprattutto uomini che sposarono donne maya locali. Le originali immagini, non soltanto per il soggetto, ma anche per la tecnica, mostrano discendenti dei maya mentre si divertono in piscina, suonano la chitarra e vivono nelle loro case a Progreso, a Matanzas e a Cardenas, sull’isola di Cuba
Magnus Wemman, Svezia
Categoria Volti – Sezione Foto singola
Il primo piano mostra una bambina di 5 anni, Maha, mentre viene accarezzata dalla mamma nel campo profughi di Debaga, nella parte nord-orientale dell’Iraq. Lo sguardo della bambina è triste e guarda un punto indefinito consapevole dell’incertezza del proprio futuro e di quello della sua famiglia. Maha e la sua famiglia erano fuggiti da una città 160 chilometri a sud di Mosul. La città di Hawija costituiva una delle ultime roccaforti dell’Isis quando l’esercito iracheno ha riconquistato il territorio avanzando verso Mosul. Circa 400.000 civili rimasero così bloccati senza rifornimenti né cibo, in quanto l’Isis impediva l’accesso degli aiuti umanitari.
Brent Stirton, Sudafrica
Categoria Natura – Sezione Reportage
Il reportage vincitore della categoria dedicata alla natura e agli animali racconta la triste storia della caccia ai rinoceronti, braccati con l’unico scopo di recuperare le loro corna, dalle presunte proprietà terapeutiche, per le quali in Asia si è disposti a pagare prezzi esorbitanti. L’immagine di un rinoceronte morto con il corno strappato è sicuramente la più inquietante di tutta la sequenza di foto scattata in Sudafrica e che mostra la lotta per contrastare il bracconaggio. Nel 2015 sono stati ben 1.175 i rinoceronti uccisi in Sudafrica, che accoglie il 70% della specie di tutto il pianeta.
Francis Pérez, Spagna
Categoria Natura – Sezione Foto singola
Una bellissima tartaruga marina è impigliata in una rete da pesca a Tenerife, nelle Canarie. Le tartarughe sono classificate come specie vulnerabili a livello mondiale, ma quelle che abitano l’Atlantico nord-orientale sono specie a rischio. Il pericolo più grosso per questi animali sono proprio le reti da pesca destinate ad altri animali e abbandonate al largo dai pescherecci. Altre insidie perqueste tartarughe sono il consumo di carne e uova e lo sviluppo urbano costiero che danneggia l’habitat in cui nidificano le tartarughe.
Giovanni Capriotti, Italia
Categoria Sport – Sezione Reportage
Il vincitore di questa sezione è un fotografo italiano che ha scelto un soggetto tra i più originali. Le foto ritraggono alcuni momenti del Muddy York Rugby Football Club, la prima squadra di rugby gay-friendly di Toronto, in Canada. Nata nel 2003 per contrastare l’idea che uomini omosessuali non siano in grado di praticare sport considerati tipicamente virili e per sconfiggere gli stereotipi verso gli atleti gay. Nelle immagini, tutte in bianco e nero, si vedono due giocatori che si baciano, altri che fanno le prove per lo spettacolo benefico che mira a raccogliere fondi per la squadra, giocatori impegnati in una partita e a sollevare il trofeo dopo la vittoria.
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Nov 19, 2017Non mi ero accorta che avevi pubblicato nel blog questo bellissimo reportage sulla mostra che ora è a Torino…ho guardato la data e ho capito: ero troppo lontana, in un altro mondo. Scatti davvero appassionati, a volte curiosi, a volte inquietanti. Grande sensibilità personale, emotiva e artistica dei fotoreporter.