Valli del Natisone: 10 cose da fare per innamorarsi del confine orientale del Friuli

Le Valli del Natisone (Nediske Doline nel dialetto sloveno locale) sono una zona collinare ubicata nella parte più orientale del Friuli e collegano Cividale del Friuli, la Forum Julii romana, alla Valle dell’Isonzo in Slovenia. Si trovano a una manciata di chilometri dal confine e rappresentano il cuore della Benečija, la parte più compatta della Slavia Friulana con San Pietro al Natisone come capoluogo. Gli abitanti parlano il locale dialetto sloveno.

Questa terra posta nel punto d’incontro tra aree geografiche, culturali, linguistiche e statali diverse ha rappresentato nei secoli una sorta di porta, di ponte e di confine sia nel senso di apertura e relazione sia di ostilità e contrapposizione.

Le Valli del Natisone custodiscono peculiarità naturalistiche, culturali, gastronomiche e storiche. I suoi abitanti hanno saputo portare avanti le antiche tradizioni, rinnovando e reinventando le esperienze in modo originale e suggestivo.

In questo articolo vi racconto 10 cose che si possono fare nelle Valli del Natisone per apprezzare questo territorio. In realtà se ne possono fare anche molte altre. Queste, però, le ho provate di persona e quindi ve le posso consigliare con assoluta certezza. In fondo all’articolo c’è una mappa per trovare i luoghi citati.

Ho potuto vedere e fare molte delle cose descritte in questo articolo grazie alla meravigliosa collaborazione e accoglienza dell’ISK- Inštitut za slovenko kulturo Istituto per la cultura slovena e della Pro Loco Nediške Doline, oltre che dei tanrti abitanti delle Valli che si sono messi a disposizione per far conoscere il loro territorio.

1.Visitare lo SMO, il Museo di paesaggi e narrazioni a San Pietro al Natisone

La scoperta della minoranza slovena delle Valli del Natisone e dell’intero Friuli Venezia Giulia deve iniziare dall’esperienza multimediale dello SMO (Slovensko multimedialno okno – Finestra multimediale slovena), il meraviglioso museo di paesaggi e narrazioni realizzato a San Pietro al Natisone.

Finanziato nell’ambito del Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013 dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dai fondi nazionali, il museo – a entrata gratuita – è stato concepito come uno spazio attivo, dinamico, accogliente e stimolante, fondato sulla comunicazione, dove si dispiega il racconto sui luoghi, attraverso la tematizzazione degli aspetti caratterizzanti la cultura del territorio.

Ideato, progettato e coordinato dall’architetto Donatella Ruttar, il centro è dedicato al paesaggio culturale che corre dalle Alpi Giulie al mare, dal Mangart al golfo di Trieste. Questo territorio riconosce la lingua quale connettivo di una cultura ricca di varianti e viene raccontato come un paesaggio da ascoltare, tramite microcosmi di storie.

Il museo è diviso in 8 sezioni: Atlas, Paesaggi culturali, Biblioteca parlante, Storia illustrata, Paesaggio musicale, Memorie della voce, Archivio dei suoni e Cartoline sonore.

Atlas è un’installazione interattiva, sviluppata sulla base di Google maps, che, tramite una postazione touchscreen permette di esplorare e conoscere tutte le località del territorio inserite su una mappa interattiva. L’atlante toponomastico localizza puntualmente luoghi e nomi raccontandone la storia: tramite il numero delle località è possibile cominciare a comprendere la complessità del territorio.

Si prosegue poi con l’ascolto dei sette paesaggi culturali del territorio da Tarvisio e Trieste tramite le storie raccontate direttamente dai loro protagonisti, ovvero gli abitanti dei luoghi, attraverso un’installazione video a tre schermi. La biblioteca parlante è una creazione originale e sorprendente. Raccoglie i libri più significativi della letteratura di confine. È sufficiente appoggiare il libro al tavolo per ascoltare e conoscere l’autore che si presenta attraverso un video.

Ci sono poi due storie raccontate da due disegnatori. “La lingua nel tempo” è un live painting che racconta attraverso immagini la storia della lingua slovena scritta. La “Storia delle Valli del Natisone” è il racconto attraverso disegni della storia vista dalla krivapeta Ivanka. Una grande installazione musicale interattiva, tramite un radiolone con il quale sintonizzarsi, ruotando la manopola, permette di conoscere le musiche e i canti che caratterizzano il territorio di confine dalle Alpi Giulie al mare. Un’installazione sonora raccoglie intorno a temi, evocati da oggetti, il patrimonio linguistico del vasto territorio di confine: un vero e proprio scrigno di voci e memorie che testimoniano la storia attraverso le varianti dialettali usate.

L’archivio dei suoni raccoglie tutte le voci e le storie del progetto: si ascolta in cuffia e si possono fare ricerche per campi. Infine, le cartoline sonore sono progetto audio‐video che descrive il paesaggio sonoro restituendo sensazioni audio tridimensionali: a un’immagine abbastanza statica, si affianca un panorama sonoro dinamico e di grande profondità che permette attraverso l’ascolto di scoprire aspetti inconsueti del paesaggio.

museo SMO
L'ingresso del Museo SMO
Eva Golles del museo SMO illustra Atlas
Eva Golles del museo SMO illustra Atlas
Uno degli spazi multimediali del museo SMO
Uno degli spazi multimediali del museo SMO

2.Fare un’escursione alle cascate di Kot a San Leonardo

Poco sopra il paese di San Leonardo, le acque del rio Pod Tamoran prima di confluire nel Ro Patok, formano i salti d’acqua della cascata Kot. Il sentiero che conduce alle cascate si sviluppa per 600 metri con un dislivello trascurabile (circa 75 metri). Il salto maggiore della cascata è alto 12 metri.

Date le sue caratteristiche di semplice passeggiata, è un itinerario adatto a tutti a patto di prestare una minima attenzione al terreno particolarmente scivoloso. Evitare quindi scarpe con suola liscia, infradito o simili. No passeggini.

Il sentiero si percorre in circa 20 minuti, dopo aver parcheggiato l’auto lungo la strada, prima dell’ingresso del sentiero, ben segnalato.  La prima parte del tracciato è una pista forestale, poi il percorso si sviluppa su un comodo sentiero. Il sentiero è interamente nel bosco e c’è un tavolo per eventuale pic-nic.

Ci troviamo nella valle dell’Erbezzo, ricca di antri e grotte. Secondo la tradizione locale, è qui che si rifugiano alcune delle ultime Krivapete delle Valli, le streghe con i piedi a rovescio, grandi conoscitrici della natura e delle erbe medicinali. La leggenda vuole che addirittura l’antica città di Cividale sorgesse in una di queste grotte. La Star Cedad, che nel dialetto locale significa “Vecchia Cividale”, è proprio la grande grotta al termine della cascata. A causa di una grande piena scaturita da questa grotta, Cividale sarebbe stata trasportata dalle acque nel punto in cui sorge ora.

Che crediate o meno alla leggenda, la visita a queste cascate è un modo perfetto per immergersi nella natura.

Cascate di Kot
Cascate di Kot
Cascate di Kot
Cascate di Kot
Cascate di Kot
Cascate di Kot

3.Scoprire almeno una delle 44 chiesette votive sparse sul territorio

Le Valli del Natisone custodiscono ben 44 chiesette votive sparse su tutto il territorio. Sono dei veri e propri gioiellini, ognuno con una storia molto interessante. La Pro Loco Valli del Natisone organizza spesso escursioni alla scoperta delle più importanti.

Una delle più semplici e belle da trovare è la chiesetta di San Bartolomeo a Vernasso. Risale al tardo Quattrocento, venne ristrutturata nel XVI secolo in stile gotico sloveno della scuola di Škofija Loka e oggi è ben conservata grazie ad un accurato restauro, sotto la direzione dell’architetto Valentino Simonitti, dopo il terremoto del 1976 che causò gravi danni in tutto il paese.

La chiesa ha un portico a padiglione sostenuto da due pilastri e privo di parapetto. La porta d’entrata è a sesto acuto con stipiti in pietra ed è affiancata da due finestre in pietra. La facciata è sormontata da una bifora campanaria con croce sul colmo. Sulla sinistra della porta d’entrata c’è un’acquasantiera in pietra a forma di catino con piedestalli a colonna. Davanti la chiesa c’è una fontana, opera dell’architetto Zaccaria Simonitti.

Vale la pena soprattutto visitare l’interno della chiesetta. L’aula, rettangolare, con soffitto a travatura a vista e finestre a sesto acuto sul fianco destro, è separata dal presbiterio con un arco trionfale ogivale. Il soffitto risulta un intreccio di costoloni con chiavi principali e secondarie. Nella chiave principale è raffigurata la Madonna con Bambino, nella seconda la figura a mezzo busto di San Bartolomeo apostolo, nella terza il volto di Cristo. Nelle chiavi secondarie ci sono rosette, tondi, uno scudo e un clipeo raffigurante il sole. La chiesa conserva un piccolo presbiterio di perfetta fattura, numerosi oggetti d’arte e un interessante ciclo di affreschi datato 1530 del pittore Jernej da Škofija Loka.

Nel coro spicca il bellissimo altare ligneo, riccamente intagliato, dipinto e dorato firmato nel 1689 dal maestro intagliatore Jernej Vrtav (Bartolomeo Ortari) di Caporetto. Questa tipologia riprende la tradizione degli altari dorati (zlati oltar) tardoseicenteschi esportati dalle botteghe degli intagliatori sloveni della scuola di Caporetto.

Nella parte inferiore, al centro, c’è la statua di San Bartolomeo affiancata dai santi Lorenzo e Filippo. Nella parte superiore, al centro c’è la Vergine con Bambino e ai lati le sante Lucia e Dorotea. All’estremità due immagini di Santi o di Angeli, mentre sul frontone è raffigurato il Creatore. Alle pareti del coro troviamo una galleria di Apostoli e di sante Vergini e Martiri.

san bartolomeo vernasso
L'altare ligneo della chiesetta di San Bartolomeo a Vernasso
san bartolomeo vernasso
Dettaglio dell'altare ligneo
san bartolomeo vernasso
Dettaglio delle sculture

4. Assaggiare i formaggi di Elisa Manig a Tiglio

Elisa Manig, 26 anni, una laurea in radiologia e un anno di lavoro negli Stati Uniti, ha ristrutturato l’azienda agricola di famiglia a Tiglio (Lipa in sloveno), un paese di 58 abitanti e 24 case.

L’azienda Manig è un caseificio che produce formaggi di vario tipo, caciotte (classiche o saporite con erba cipollina o peperoncino), ricotta e mozzarelle, dopo aver iniziato a riconvertire i terreni al biologico per certificare i formaggi.

Elisa, partendo dall’esperienza di casaro del padre, ha ristrutturato la stalla che oggi accoglie una decina di mucche e ha concepito il suo lavoro a partire dal rispetto dell’animale, dell’ambiente e la profonda pulizia della mungitura. Il listino presto ci saranno anche il burro e lo stracchino. Da provare assolutamente lo yogurt bianco da bere.

La produzione è di altissima qualità ma la quantità è limitata, quindi è meglio prenotare e accertarsi che i prodotti desiderati siano disponibili. L’azienda di Elisa rifornisce anche il blasonato ristorante di Antonia Klugmann.

elisa manig
Elisa Manig con uno dei suoi vitellini (ph. Manig)
caciottine manig
Le caciottine dell'azienda Manig (ph. Manig)
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Elisa Manig al lavoro nella sua azienda (ph. Manig)

5. Pranzare da Vartacia, sulla strada che porta al Matajur

Vartacia è uno splendido casale di pietra sulla strada che conduce al Matajur. Un tempo era centro visite, ma da qualche anno Giulia Chiacig, giovane imprenditrice delle Valli del Natisone, lo ha trasformato in un ristorante tipico dove lavorano i giovani delle Valli con passione e competenza.

Vartacia è il luogo perfetto dove gustare i sapori del territorio. Pranzare o cenare qui – d’estate all’ombra degli alberi sulle panche di legno all’esterno del locale all’ombra degli alberi del bosco che circonda la zona e d’inverno nella calda e accogliente saletta al primo piano – è davvero un’ottima idea.

La cucina casalinga esalta le tradizioni locali. I piatti variano a seconda della disponibilità dei prodotti e delle materie prime. Il menù è composto da prodotti a chilometro zero con cui Giulia cucina i migliori piatti tradizionali friulani. Tra i piatti tipici delle Valli ho assaggiato la posgana, zuppa ricostituente fatta con latte, uova, farina di mais tostata e malva. Un’altra chicca, che in questo caso riguarda gli affettati, è il salame bianco, fatto con lardo ed erbe e usato anche per fare il soffritto liquido da versare sopra la polenta.

Una piccola oasi in cui trovare un ospitale rifugio.

Vartacia
Vartacia
La posgana di Vartacia
La posgana di Vartacia
Gli affettati di Vartacia
Gli affettati di Vartacia

6. Ascoltare i racconti di Luisa al Museo del Matajur a Masseris

Luisa Battistig, insegnante ed esperta delle tradizioni e delle leggende custodite nelle Valli del Natisone, è in grado di raccontare la storia e le curiosità di tutti gli oggetti esposti nel Museo del Matajur, allestito nella casa Gorcova del paese di Masseris, in comune di Savogna.

Il museo espone svariati oggetti legati alla cultura materiale delle Valli del Natisone, in particolare legati alla vita quotidiana e alle varie tradizioni, come quella del Carnevale. Il corredo delle ragazze, l’arcolaio, le culle e i girelli di un tempo, i tessuti di lana e di canapa, i ricordi degli emigranti: sono tutti oggetti conservati nei paesi delle Valli e ora raccolti in questo affascinante museo. Nella cantina sono conservati altri oggetti.

In un’altra casa del paese, c’è il Laboratorio del fabbro, rimasto così com’era negli anni ’50 del Novecento, quando veniva usato da Simone Dus, che ereditò l’attività dal padre e che costruì da solo molti degli attrezzi conservati fino ad oggi, comprese delle pinze da dentista, che era un po’ il suo secondo lavoro.

Infine, a due passi, si può visitare la Cantina delle volte a botte, situata in un’altra casa del paese, un luogo avvolto ancora oggi nel mistero.

Luisa nella sua Masseris
Luisa nella sua Masseris
Una stanza del Museo del Matajur
Una stanza del Museo del Matajur
Masseris
Masseris
Una stanza del Museo del Matajur
Una stanza del Museo del Matajur

7. Riscaldarsi con una grappa tipica al rifugio Pelizzo 

Il rifugio Pelizzo si trova a 300 metri, sul versante sud, dalla cima del monte Matajur (1.641 metri), la montagna simbolo delle Valli del Natisone. Da qui il panorama che si ammira sulla vallata è meraviglioso. Nelle giornate più terse lo sguardo spazia dalla catena del monte Nero, al golfo di Trieste, le lagune di Grado e Lignano, Venezia, i Colli Euganei fino al gruppo del Piancavallo.

Inaugurato nel 1975 e dedicato al senatore Guglielmo Pelizzo, avvocato e sindaco di Cividale, il rifugio è un’accogliente struttura di due piani, con 24 posti letto e due sale con oltre un centinaio di posti a sedere. Gestito fino al 1986 da Renato Massera di Masseris, il rifugio è poi passato alla famiglia Sinuello – De Crignis.

Il rifugio è un ottimo punto di riferimento per tutti quelli che vogliono salire sul Matajur ma anche come tappa finale di un giro nelle Valli del Natisone. Le grappe alle erbe officinali e ai frutti di bosco sono speciali, ma vale la pena assaggiare (o comprare) anche alcuni degli sciroppi naturali prodotti qui, come ad esempio quello ai fiori di sambuco, ai fiori di acacia o al lampone.

Perfetto anche per la pausa pranzo, il rifugio offre una cucina semplice, che usa abbondantemente le erbe che vengono raccolte nei prati e nei boschi del Matajur. Il menù propone spesso tagliatelle fatte in casa, minestre e minestroni, canederli e gnocchi di zucca o di spinaci, ravioli e pasta al forno come pure goulash e brasati al vino, salsicce e formaggi locali, vini del Collio e dei Colli Orientali e dolci casalinghi come la tipica gubana.

Rifugio Pelizzo
Rifugio Pelizzo
Panorama sulle Valli dal Rifugio Pelizzo
Panorama sulle Valli dal Rifugio Pelizzo
Rifugio Pelizzo
Rifugio Pelizzo

8. Visitare il vilaggio di Topolò

Su un ripido pendio a 580 metri sul livello del mare, tra i monti Kolovrat e San Martino, c’è un piccolo borgo che si chiama Topolò. Il nome deriva da “pioppo” (topol in sloveno) e il borgo, in cui oggi vivono poco più di 30 anime, è una frazione del comune di Grimacco che, a sua volta, conta poco più di 300 abitanti. Un pugno di case stretto tra le pendici dei monti.

Fino al 1953, il paese era collegato con il fondovalle soltanto da mulattiere. Poi è arrivata la strada ma, ancora oggi, la vitalità della natura, con i boschi a perdita d’occhio, sembra inglobare i tetti delle poche case, amorevolmente ristrutturate e abbellite in ogni minimo dettaglio.

Ci sono le costruzioni tipiche dell’architettura della Slavia, le stradine lastricate, le case con i ballatoi in legno e le scale esterne, dove il piano terra ospitava la cucina, chiamata “stanza del fumo” perché le abitazioni non avevano camino, e il tinello (“izba”) riscaldato dal forno. Infine, c’è la chiesa di San Michele, realizzata dagli abitanti nel 1847.

Le persone sono poche, ma Topolò non ha per nulla l’aria di un paese disabitato. La frontiera italo-slovena della Benecija, superati gli anni della cortina di ferro, ha qualcosa di magico nel suo incontro tra culture e lingue. Il luogo in cui la strada finisce, ultimo confine di mondi contrapposti dalla storia e teatro di battaglie cruente, ha deciso di creare un piccolo, ma importante laboratorio di frontiera, un pretesto per l’incontro.

Nel mese di luglio, qui si svolge Stazione Topol -Postaja Topolove, una manifestazione internazionale che coniuga arte, musica, cinema, poesia e letteratura e vede impegnati nel campo della ricerca e della sperimentazione artisti di varie discipline, provenienti da diversi paesi del mondo. Gli artisti vengono ospitati nel piccolo borgo di Topolò dove effettuano un”intervento” sulla base degli stimoli ricevuti dal luogo stesso.

Topolò
Topolò
Case di Topolò
Case di Topolò
Topolò
Topolò

9. Salire sul Kolovrat ed esplorare la terza linea di difesa italiana

Pochi conoscono il monte Kolovrat, catena montuosa lunga circa quattro chilometri che divide le Valli del Natisone in Italia con la Valle dell’Isonzo in Slovenia. Il percorso naturalistico per salire sul monte è bello e alla portata di tutti. Da qui si apre un panorama che spazia dal massiccio del Krn (Monte Nero) alla Sveta Gora (Monte Santo) fino alla pianura friulana.

Ma questo luogo è conosciuto soprattutto per i fatti della Grande Guerra che si svolsero qui, dove si trovava tutta la linea del fronte della Seconda armata italiana, e di cui ancora oggi sono visibili molte tracce. Durante la Prima Guerra Mondiale tra il Kolovrat e il Matajur si trovava la terza linea difensiva del fronte italiano. Questi furono tra i principali teatri della disfatta di Caporetto, detta ufficialmente la dodicesima battaglia dell’Isonzo. Qui ricoprì un ruolo molto importante il giovane Erwin Rommel che riuscì a conquistare il Kolovrat e poi tutta la linea fino al Matajur.

Per questo motivo è stato realizzato il Museo transfrontaliero all’aperto, curato dalla Fundacija Poti miru v Posočju (Fondazione Le vie della Pace nell’Alto Isonzo) di Caporetto. Camminamenti, trincee, tunnel scavati nella roccia, postazioni di mitragliatrici e cannoni sono ben conservati e valorizzati. Con uno sforzo di fantasia si può provare ad immaginare quali fossero le condizioni di vita dei soldati in quel contesto.

Il punto di partenza dell’escursione è il Passo Solarie dove si trova il monumento dedicato a Riccardo Giusto, il primo caduto italiano della Prima Guerra Mondiale. All’escursione sul Kolovrat dedicherò un post a parte con i dettagli di questa esperienza, perché è una delle cose più interessanti da fare nelle Valli del Natisone, nonostante sia ancora poco conosciuta.

Sul Kolovrat
Sul Kolovrat
Trincee sul Kolovrat
Trincee sul Kolovrat
Punto di osservazione sul Kolovrat
Punto di osservazione sul Kolovrat

10. Scoprire l’esistenza di un tempio buddista a Polava

Nel villaggio di Polava, in comune di Savogna, a un paio di chilometri dal confine con la Slovenia, sorge un tempio buddista di “Cian Ciub Ciö Ling”, realizzato da Plinio Benedetti, un friulano del paese di Gonars, in provincia di Udine, che è ancora oggi il direttore del centro.

Il centro è formato tre case in pietra con ballatoi in legno, secondo la tipica architettura locale. Il gompa, ovvero la sala dove si svolgono gli insegnamenti, è nella prima casa che si incontra. Nel monastero di Polava Benedetti ha realizzato mille statue del Buddha, così come gli è stato chiesto dal suo maestro. Tra i due edifici sacri, su un enorme masso, si trova lo stupa, una sorta di monumento spirituale che custodisce una statua realizzata in Tibet. Per augurarsi la buona sorte, è necessario girarci attorno in senso orario per tre volte.

Potete ascoltare la storia di Plinio Benedetti e il racconto della nascita del centro in un’intervista contenuta nel documentario I volti spirituali del Friuli di Marco D’Agostini, i cui si alternano le testimonianze di sei ricercatori spirituali: oltre a Plinio Benedetti, raccontano la loro esperienza Pierluigi Di Piazza, Rinaldo Fabris, , Ennio Nimis, Nicola Borgo e Pierluigi Cappello.

Il centro di Polava
Il centro di Polava

Cosa fare nelle Valli del Natisone: i luoghi citati nell'articolo

Quali sono i vostri luoghi preferiti nelle Valli del Natisone?

Conoscevate già tutti quelli di cui vi ho parlato in questo articolo?

Aggiungete i vostri preferiti nei commenti, così facciamo diventare questa lista ancora più lunga.

valli natisone eva luisa
A Masseris con Eva e Luisa
valli del natisone the event
A Masseris con il gruppo di The event Fvg
Giornalista, blogger e autrice di guide di viaggio, non riesce ad immaginare una vita senza viaggi per scoprire nuovi luoghi e conoscere culture diverse. Ama l'arte, la natura, la fotografia, i libri e il cinema. Appassionata di Balcani e di Europa dell'Est, di Medio Oriente e Sud Est asiatico, spera di riuscire a vedere tutto il mondo possibile.

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