Da giovedì 21 a venerdì 30 gennaio si svolgerà il Trieste Film Festival, diretto da Fabrizio Grosoli e Nicoletta Romeo e giunto all’edizione numero 32. L’obiettivo del festival è da sempre duplice: da un lato portare in Italia il meglio del cinema dell’Europa centro orientale dall’altro – come si è visto nelle recenti edizioni dedicate al Muro di Berlino e alla riunificazione della Germania – tenere viva, attraverso il cinema, la memoria delle pagine più importanti della storia di questa parte di Europa.
Purtroppo quest’anno, a causa dell’emergenza sanitaria, la formula dovrà per forza essere online. I titoli in programma si potranno vedere online sulla piattaforma MYmovies, dove si terrà anche la cerimonia di apertura e quella di premiazione: cinque film al giorno che, una volta caricati, rimarranno disponibili per le successive 72 ore, per un totale di 64 titoli: 29 lungometraggi, 19 documentari, e16 cortometraggi, a cui si aggiungono ulteriori 25 eventi collaterali.
Vi ricordate chi ha vinto gli scorsi anni? Se volete rinfrescarvi la memoria, c’è il mio articolo su com’era andata nel 2019 e nel 2020.
Rinviato il focus sul trentennale delle guerre balcaniche (1991-2021)
Questa edizione avrebbe dovuto avere il proprio fulcro nel ricordo del trentennale delle guerre balcaniche (1991/2021) un progetto a cui i direttori artistici stavano lavorando da anni. Il progetto sarà posticipato, perché di molti dei film proposti esistono soltanto le copie in 35mm, impossibili da “proiettare” in un festival online. L’appuntamento è dunque rimandato (si spera già in primavera).
A un anniversario così importante saranno dedicati due momenti “simbolici” come l’apertura e la chiusura. Ad aprire il festival sarà Underground, P alma d’oro a Cannes nel 1995, la favola anarchica e surreale con cui Emir Kusturica “reinventò” col suo stile debordante la dissoluzione della Jugoslavia. A chiudere la rassegna ci sarà un altro grande film, Lo sguardo di Ulisse di Theo Angelopoulos, vincitore del Grand Prix in quella stessa edizione.
Il programma della 32esima edizione
Nucleo centrale del programma saranno come sempre i tre concorsi internazionali dedicati a lungometraggi, cortometraggi e documentari, ai quali vanno ad aggiungersi le sezioni Premio Corso Salani 2021 e “Art&Sound”, in collaborazione con Sky arte.
Due, inoltre, le novità di quest’anno: si tratta di Fuori dagli sche(r)mi, la nuova sezione dedicata “a tutti quei film in qualche modo ibridi tra documentario e fiction, ma anche nel linguaggio. Wild Roses: Registe in Europa sarà invece uno spazio dedicato alle registe dell’Europa centro orientale, che in particolare quest’anno omaggerà il cinema polacco femminile.
I 40 Paesi della 32esima edizione
I Paesi rappresentati nella 32esima edizione del festival sono 40.
I film provengono da Albania, Armenia, Austria, Azerbaidjan, Belgio, Bielorussia, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Cile, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Kosovo, Lettonia, Lituania, Macedonia del Nord, Messico, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Russia, Serbia, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Turchia, Ucraina e Ungheria.
Il Concorso Lungometraggi
Tredici i titoli del Concorso lungometraggi.
Venerdì 22 gennaio alle 14 si inizia con il film rumeno Berliner (La campagna – The Campaign) di Marian Crișan commedia satirica in cui un politico in odor di corruzione a caccia di voti per un seggio a Strasburgo.
Alle 16 il russo Francuz (Il francese A Frenchman ) di Andrej Smirnov racconta la Mosca del 1957 vista con gli occhi di un ragazzo francese, figlio di un ufficiale arrestato negli anni 30.
Alle 20 Galaktika e Andromedës (La galassia di Andromeda / Andromeda Galaxy) di More Raça è disposto a tutto pur di lasciare il Kosovo per garantire alla figlia un futuro migliore in Germania.
Alle 22 il serbo Moj Jutarnji Smeh (Le mie risate mattutine/My Morning Laughter) di Marko Đorđević prende le mosse da uno spunto autobiografico per raccontare il coming of age fuori tempo massimo di un trentenne.
Sabato 23 gennaio alle 14 si inizia con il bosniaco Tako da ne ostane živa (Così lei non vive più/So She Doesn’t Live) di Faruk Lončarević, in anteprima internazionale, si ispira al più efferato caso di omicidio della Bosnia post-bellica per raccontare un mondo ancora brutale.
Alle 18.15 il polacco Sweat (Sudore) di Magnus von Horn, selezionato a Cannes, tre giorni nella vita di una “fitness-influencer” che da star di instagram diventa vittima di uno stalker.
Alle 20 Otac (Padre/Father) di Srdan Golubović (Premio del pubblico nella sezione Panorama dell’ultima Berlinale) è una storia di paternità che si scontra con la corruzione dei servizi sociali nella Serbia di oggi.
Domenica 24 gennaio alle 18.15 il greco Pari di Siamak Etemadi parla di una madre iraniana per le strade di Atene alla ricerca del figlio studente, di cui non ha più notizie.
Alle 20 Sutemose (Al crepuscolo/In the Dusk) di Šarūnas Bartas, selezionato al Festival di Cannes e presentato in prima mondiale a San Sebastian: il romanzo di formazione di un diciannovenne sullo sfondo della Resistenza lituana contro l’occupazione sovietica dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
Lunedì 25 gennaio alle 16 Jak Nadjdalej Stad (Non piango mai/I Never Cry) di Piotr Domalewski, ambientato tra Polonia e Irlanda, è uno sguardo realistico sulle difficoltà che affrontano le famiglie separate dall’emigrazione.
Alle 18 il bulgaro Strah (Paura/Fear) di Ivaylo Hristov è un dramma che vira in commedia (dell’assurdo) su una donna pronta a mettersi contro l’intero villaggio per ospitare un migrante.
Alle 20 Exil (Esilio/Exile) di Visar Morina girato tra Kosovo e Germania e proiettato al Sundance, che, attraverso la storia di un ingegnere farmaceutico discriminato per ragioni etniche si interroga – per dirla con il regista – su “un occidente arrogante nei confronti di chi proviene da Paesi economicamente deboli”.
Il concorso lungometraggi si conclude martedì 26 gennaio alle 20 il georgiano Dasatskisi (L’inizio /Beginning) di Dea Kulumbegashvil, selezionato a Cannes e vincitore a San Sebastian, è la storia di una donna, Yana, moglie del leader di una comunità di Testimoni di Geova attaccata da un gruppo estremista.
Il Concorso Documentari
Dieci i titoli del Concorso documentari.
Acasă, My Home di Radu Ciorniciuc, premiato al Sundance, è la storia di una famiglia che per decenni ha vissuto nell’area disabitata e incolta del Delta di Bucarest, un bacino idrico abbandonato alla periferia della metropoli, finché la trasformazione della zona in parco nazionale pubblico non la costringe a trasferirsi in città. I “luoghi di famiglia” sono al centro anche di Nails in My Brain dell’azero Hilal Baydarov, viaggio tra le rovine di una casa d’infanzia, dove ogni porta pericolante si apre sul passato, in una riflessione sulla memoria – e sul cinema – che è eterno ritorno sulle stesse domande, gli stessi ricordi, gli stessi chiodi fissi; e di Blockade di Hakob Melkonyan, che attraverso la storia di una famiglia del suo villaggio natale racconta il conflitto del Nagorno-Karabakh.
Due film dalla Croazia: Landscape Zero di Bruno Pavić, che ci porta su una striscia di costa devastata da un insediamento industriale per riflettere sulla relazione tra uomo, natura e cultura; e Once Upon a Youth di Ivan Ramljak, ritratto di una generazione perduta, quella gioventù della fine degli anni Novanta in cerca di una (nuova) identità dopo la devastazione della guerra.
Dalla Russia Town of Glory di Dmitrij Bogolyubov, girato nel corso di tre anni a El’nja, città-simbolo della propaganda di ieri e di oggi, e la Russia è al centro anche del tedesco Garage People di Natal’ja Jefimkina, il garage come (ultimo) rifugio dell’individualità.
Dall’Austria, Please Hold the Line di Pavel Cuzuioc è uno sguardo feroce e pieno di humour che, attraverso il lavoro di alcuni tecnici delle comunicazioni in Moldavia, Romania, Ucraina e Bulgaria, riflette sulle contraddizioni di una società sempre più “connessa” in regioni lacerate dai nazionalismi. Il confronto tra un figlio che sta diventando padre – lo stesso regista Andrei Dăscălescu – e un padre che si è fatto monaco è al centro del rumeno Holy Father.
Infine, il lituano Gentle Warriors di Marija Stonytė, dove l’indipendenza di tre giovani donne passa dal servizio di leva volontario e dall’addestramento in una base militare tra 600 commilitoni.
Il programma come ogni anno è ricchissimo e forse quest’anno ancora di più. Se da una parte c’è il grande dispiacere di non poter vivere il festival dal vivo e vedere le proiezioni sui grandi schermi dei teatri e dei cinema triestini, dall’altra c’è la possibilità di assistere a tantissime proiezioni in prima visione italiana e, in alcuni casi, internazionale, da tutta Italia, anche da chi solitamente non può raggiungere Trieste.
La disponibilità dei film sulla piattaforma per 72 ore dopo la proiezione permette di vedere molti più film di quelli che solitamente è possibile fare in presenza, dovendo scegliere tra le tante proiezioni in contemporanea.
L’abbonamento base, che permette di vedere tutti i film, è di soli 9,90 euro. Se volete sostenere il festival e ricevere anche il catalogo e i gadget ci sono poi altre forme di abbonamento. Sul sito del festival è possibile accedere a tutte le diverse forme di accredito.
Quest’anno non ci vedremo a Trieste, purtroppo, ma ci incontreremo in una sala virtuale. Ci accontenteremo di commentare i film sul web e i sui social, sperando che il 2022 ci si possa nuovamente ritrovare a Trieste.