Se dico Aspromonte, cosa ti viene in mente? È probabile che i primi pensieri corrano a una realtà che ha caratterizzato alcuni decenni bui dell’Italia e di cui è difficile anche solo pronunciare il nome. In una terra difficile, povera, isolata, aspra di nome e di fatto (anche se la derivazione greca di “aspro”, a differenza di quella latina, significa “bianco”, “lucente” per via della neve delle montagne e delle acque delle fiumare, i corsi d’acqua tipici della zona), voltare pagina non è né facile né veloce. Ma passo dopo passo, proprio come quando si percorre un sentiero di montagna, l’orizzonte si allarga e raggiungere la vetta diventa possibile.
Sull’estrema punta dello stivale, dove le case dei borghi sembrano aggrapparsi alle rocce con tutta la forza che rimane ai muri sbrindellati dei paesi fantasma, il silenzio domina ancora incontrastato, interrotto soltanto dal fischiare del vento o dai rintocchi delle campanelle delle capre di montagna. In un territorio noto soprattutto per il mare, basta percorrere una manciata di chilometri verso l’interno per avere l’impressione di essere sbarcati in un altro mondo, dove i cellulari hanno sempre la linea disturbata e di notte il cielo stellato è talmente vicino che sembra di poterlo toccare con la punta delle dita.
In Aspromonte si ha la sensazione di aver raggiunto il nocciolo dell’umanità. La flora e la fauna diventano protagoniste di un mondo millenario, con una storia geologica unica e una storia antichissima che rimanda alla Magna Grecia e di cui si è conservata ancora la lingua, quel grecanico tutelato dalla legge 482 del 1999 insieme alle altre lingue minoritarie italiane, come il friulano e il sardo. Di sera può fare molto freddo anche in estate, il clima cambia rapidamente e nell’aria c’è un’umidità sospesa che a volte appanna il panorama.
La sensazione di pace contrasta con l’immaginario legato alla paura, all’assenza dello Stato, alla presenza di un’altra Italia, con cui è meglio non aver a che fare. Ma qui il tempo non si è fermato, nonostante l’isolamento e lo spopolamento. Sul badge del press tour a cui partecipo c’è l’immagine di Pietra Cappa, il monolite più grande d’Europa, uno dei sentieri naturalistici più interessanti della zona, ma soprattutto un simbolo, perché proprio a Pietra Cappa molti ostaggi furono nascosti e alcuni persero la vita, durante gli anni bui. Il villaggio di San Luca e il santuario di Polsi sono ancora legati a momenti molto negativi, ma qualcosa sta cambiando. E sono loro, le persone che vivono qui, a parlarne per primi, anticipando la tua domanda. Il passato non viene ignorato, giustificato o minimizzato. Ma c’è anche molto altro.
L’Aspromonte vuole rinascere, vuole mostrare al mondo tutto quello che di positivo questa terra ha da offrire. Il percorso è lento ma costante, come i cammini di montagna. Da anni qui, il silenzio che domina l’ambiente e l’uomo è soprattutto assenza di rumore. Le voci, al contrario, sono in crescita e, con tenacia, hanno posto i semi del riscatto, di cui ora si vedono i frutti. Di solito questi processi sono definiti “resilienza”, ma forse si tratta semplicemente di umanità. Fatta di cuore, ma anche di competenza.
Una serie di iniziative e progetti legati allo straordinario patrimonio storico, culturale e naturalistico di queste terre e che ruotano in gran parte attorno al Parco Nazionale dell’Aspromonte, regista e sostenitore di tante piccole realtà che diventano sempre più importanti, provano a valorizzare un territorio che ha tutte le carte in regola per essere conosciuto e apprezzato e diventare una destinazione turistica di grande interesse.
LE ALPI DEL SUD
L’Aspromonte non è la continuazione dell’Appennino, come si potrebbe pensare: la tipologia geologica di questa parte di montagna che coincide con l’ultimo pezzo di stivale è la stessa delle Alpi. Il Parco Nazionale dell’Aspromonte si estende su oltre 65 mila ettari e comprende complessivamente o in parte ben 37 comuni, all’interno della provincia di Reggio Calabria.
Tutti vi diranno che l’immagine che rende bene l’idea della montagna dell’Aspromonte è quella di un polpo, con la testa nella dolce cima di Montalto da cui distende i suoi tentacoli a raggiera verso il mare, disegnando dorsali, creste e terrazzi che si alternano a profonde incisioni dove scorrono le fiumare, corsi d’acqua a regime torrentizio, brevi e con elevata pendenza, legati ai periodi di piovosità.
Le peculiarità geologiche e geomorfologiche dell’Aspromonte sono tali da rendere la montagna del parco nazionale unica nel panorama geologico e geografico dell’Europa, tanto da delineare veri e propri paesaggi geologici, da molti definitivo un pezzo di Alpi migrato al centro del Mediterraneo. Un territorio che continua a spostarsi ancora oggi. L’Africa infatti sta ancora spingendo verso il continente europeo, infilandosi sotto e innalzando territori come quelli dell’Aspromonte.
La “migrazione” del territorio si collega alle migrazioni degli uomini, sia in arrivo sia in partenza, che contraddistinguono da sempre la Calabria. Con il nome di “Aspromonte Geopark: Terre Migranti”, il Parco Nazionale dell’Aspromonte si è candidato ad entrare nella rete internazionale dei Geoparchi Unesco che riunisce i siti di rilevanza geologica, ovvero quelli che hanno una peculiarità geologica unica che indicano la storia della terra.
L’obiettivo, come ha spiegato Sabrina Santagati, referente del progetto Aspromonte Geopark, è quello di rendere fruibili le bellezze della zona e allo stesso tempo preservarle, in un’ottica di turismo sostenibile e di crescita del territorio dal punto di vista dello sviluppo e dell’occupazione. Il geoparco è rappresentato da cinque aree territoriali con peculiarità paesaggistiche diverse, ognuna delle quali ha almeno un geosito pilota di rilevanza internazionale.
LA ROCCA DEL DRAKO E LE CALDAIE DEL LATTE
La storia geologica millenaria dell’Aspromonte, iniziata oltre 500 milioni di anni fa, è in continua evoluzione ed è raccontata da alcune grandi pietre, grossi monoliti di roccia modellati dagli agenti atmosferici, veri e propri monumenti naturali, alcuni dei quali davvero spettacolari. Il geoparco ha individuato 89 geositi individuati, di cui 8 di valenza internazionale e oltre 200 siti di interesse naturalistico,
Grazie a un percorso accessibile anche ai diversamente abili già oggi è possibile visitare la Rocca del Drako, uno dei siti più noti e la cui storia, come spesso accade da queste parti, è avvolta nella leggenda. La roccia, dalla forma di grande testa squadrata con un esile collo grinzoso, è alta circa 6 metri e ha tre cerchi intagliati che assomigliano a grandi occhi. Drako in greco significa “occhio” e rimanda alla storia una sorta di ciclope che aveva qui la sua grotta dove custodiva un tesoro. Sulla roccia che spicca dal brullo paesaggio dell’Aspromonte ionico dei greci di Calabria si può distinguere un segno dalla forma ovale: se sia naturale o creato dall’uomo nessuno sa dirlo con certezza.
A pochi passi dalla roccia si trovano le Caldaie del latte, un’altra bizzarra formazione rocciosa il cui nome deriva dalla somiglianza con le caldaie che venivano usate per portare il latte. L’acqua e il vento hanno prodotto rocce perfette e levigate, emisferiche e mammellonari, con dimensioni variabili tra i 50 centimetri e il metro, che emergono dalla roccia. È un paesaggio geologico surreale, quasi lunare.
A pochi passi di distanza si trova infine una lavagna didattica che permette di osservare la Grande Frana Colella, un imponente squarcio nella montagna che rovina verso la valle dalla colorazione bianco-giallastra delle rocce che contrasta con il verde della foresta circostante. Qui affiorano le rocce più nobili e antiche dell’Aspromonte, formatesi tra 542 e 250 milioni di anni fa. Si tratta di una delle aree in cui sono attivi processi di erosione e fenomeni gravitativi tra i più estesi in Europa: le dimensioni, lo stato di attività, la tipologia, il ruolo che svolge nel costruire la fiumara Amendolea, alimentandola con grandi volumi di detrito rendono questo sito uno dei migliori esempi a scala regionale e uno dei più importanti a scala internazionale per descrivere le grandi frane e i processi di erosione.
IL MAESTRO E MARGHERITA
Sono in molti a raggiungere il Rifugio il Biancospino a Carmelia, a 1260 metri, all’interno del Parco Nazionale Aspromonte, gestito dal 2003 da Antonio, insieme alla moglie Teresa, per conoscere la storia di Margherita.
Margherita è un capriolo femmina di circa un anno che vive in cattività in un recinto accanto al rifugio.
La storia di Margherita e di Antonio comincia quando un cacciatore trova un cucciolo di capriolo di pochi giorni nel bosco. Pensa sia stato abbandonato, ignorando invece che le mamme dei caprioli lasciano soli i piccoli mentre vanno in cerca di cibo e tornano solo per le poppate. Il cacciatore raccoglie il piccolo e lo porta da Antonio. Pensa di fare bene, in realtà condanna il piccolo a non essere più avvicinato dalla madre, spaventata dall’odore umano. Antonio e la sua famiglia provano così ad accudirlo, non senza difficoltà. Margherita però reagisce bene, si adatta in poco tempo e oggi il rifugio è la sua casa e Antonio il suo punto di riferimento, la sua mamma adottiva.
Nel giardino del rifugio vivono anche tre cavalli (da qui passa l’ippovia e si possono fare passeggiate con Salvatore, il figlio di Antonio e Teresa) e due simpatici cani pastori maremmani, Achille e Sansone, che hanno fatto amicizia anche con Margherita.
Antonio è guida ufficiale del parco e insieme a un gruppo di appassionati ha creato Misafumera – Turismo nella natura, una società che accompagna gli appassionati di trekking in Aspromonte ma anche in Sicilia, Campania e Basilicata. Mentre Antonio accompagna gli escursionisti lungo i sentieri, Teresa si occupa della cucina, ovviamente con prodotti di agricoltura biologica a Km0, coltivati nel loro orto. Tra le tante specialità locali, una menzione va ai Pappaluni di Aspromonte, una specialità di fagioli che crescono solo in questa zona dell’Aspromonte e che Antonio è Teresa coltivano nel loro orto.
Antonio e Teresa hanno scelto di vivere a contatto con la natura selvaggia e amica allo stesso tempo. È l’unico rifugio per gli appassionati di trekking nel parco, dispone di una ventina di posti letto e l’ambiente è familiare ma curatissimo in ogni singolo dettaglio.
Oggi nel Parco dell’Aspromonte vivono diversi caprioli, proprio grazie a un progetto avviato dall’ente Parco stesso. Qui i caprioli scomparvero due secolo fa a causa della caccia, ma nel 2011 l’ente Parco, grazie ad una sinergia con le associazioni e i cacciatori stessi, inizia a ripopolare l’area con la reintroduzione del Capriolo Italico, esemplari geneticamente identificati provenienti dalla Toscana. Oggi è sempre più facile incontrare i caprioli nel Parco. Nel caso si avvistassero cuccioli, però, è bene ricordare di non toccarli, per evitare loro di venire poi abbandonati dalle madri.
LA CALABRIA GRECA
All’interno dell’Aspromonte c’è una striscia di territorio di circa 500 chilometri quadrati che scende verso il mar Jonio, dove ancora oggi si parla lingua che è residuo dei popoli della Magna Grecia. In passato linguaggio del popolo, usata quasi con vergogna e per questo non tramandata alle nuove generazioni, oggi, fortunatamente, dopo aver compreso l’importanza di questo patrimonio linguistico per definire la propria identità, il grecanico è stato riscoperto.
La lingua delle origini, chiamata “greco-calabro” o “grecanico”, termine già usato nel ‘400 per indicare il rito liturgico italo-greco in uso a quel tempo, in gran parte del Sud Italia, è parlata ancora oggi soprattutto a Gallicianò, Bova, Condofuri, Roghudi e Roccaforte del Greco, paesi che costituiscono l’Isola ellenofona, il cuore della Calabria greca. La cosiddetta Area Grecanica è un fazzoletto di terra la cui ininterrotta continuità storica prima con i Greci e poi con i Bizantini ha reso unico questo patrimonio culturale.
Sospesa tra il Mar Ionio e i versanti meridionali del parco nazionale d’Aspromonte, l’Area Grecanica ha come centro di rappresentanza culturale il borgo di Bova, dove si trova anche il museo dedicato a Rohlfs, un viaggiatore tedesco giunto per la prima volta nell’Aspromonte meridionale negli anni Venti del Novecento, quando lavorava come interprete per l’esercito tedesco. Fondamentale per la riscoperta dell’identità di questi luoghi, fu lRohlfs ad accorgersi che alle differenze linguistiche corrispondevano, ad esempio, anche diversità nell’abbigliamento dei contadini: nella Calabria latina, i contadini portavano il cappello calabrese, mentre in quella grecanica si usava la beretta lunga a forma di sacco, simile a quella greca. Rohlfs dedicò la parte più consistente delle sue ricerche alle comunità grecofone dell’Aspromonte, dimostrando l’origine magno greca della loro antica lingua. La storia del patrimonio culturale dei Greci di Calabria è oggi a disposizione nel Museo della Lingua Greco-Calabra “Gerhard Rohlfs”, nato nel 2016, che illustra l’interessante storia ed evoluzione del greco di Calabria (lingua minoritaria italiana riconosciuta con la legge 482 del 1999).
IL VILLAGGIO DI BOVA
Capitale della Calabria Greca e uno dei borghi più belli d’Italia, Bova, Bandiera Arancione del Touring, il villaggio di Bova conserva una storia antichissima e merita una visita approfondita. Bova è uno di quei posti in cui ci devi proprio voler andare. Dalla strada provinciale una stradina impervia risale la montagna e raggiunge il villaggio di poco più di 400 abitanti, fatto di stradine interne, strette e ripide, spesso formate soltanto da scalini o gradoni.
L’impianto medievale del borgo rende piacevole la visita, tanto più che a ogni passo si scorgono abitazioni antiche molte delle quali ristrutturate, chiesette, palazzi gentilizi in pietra e mattoni con importanti portali d’ingresso, abitazioni decorate con lesene, e mensole. Non c’è da stupirsi dei numerosi cartelli stradali di colore marrone che indicano i siti storici: a Bova è conservato un patrimonio culturale di notevole importanza, custodito in un borgo di ridotte dimensioni. Abitata fin dal Neolitico, fortificata durante le incursioni saracene, conquistata dai Normanni, Bova fu una delle ultime diocesi italiane ad essere latinizzare dalla chiesa cattolica nel XVII secolo. Sulla storia e l’evoluzione del “grecanico” si può sapere tutto visitando il bel Museo della Lingua Greco-Calabra “Gerhard Rohlfs”, dedicato all’instancabile viaggiatore tedesco che riscoprì il patrimonio culturale dei Greci di Calabria. Cercate di farvi accompagnare nella visita da Pasquale Faenza, storico dell’arte che ha curato anche l’accattivante allestimento del museo, perché grazie alla sua conoscenza approfondita dell’area unità alla capacità di comunicazione vi farà appassionare, tramite la storia dei viaggiatori, alla storia e all’evoluzione sia linguistica sia culturale di questa zona d’Italia ancora tutta da scoprire.
Il gran numero di chiese testimonia la complessità culturale e religiosa che caratterizza da sempre la Calabria greca. La Chiesa di San Leo del XVII secolo è dedicata patrono del borgo, un monaco vissuto nel XII secolo vicino ad Africo e conserva una statua marmorea del Santo del 1582. La Cattedrale di Santa Maria Isodia del XII secolo e sede della diocesi a partire dal V secolo è il luogo in cui, nel 1572, il vescovo cipriota, Giulio Stavriano, abolì il rito bizantino, completando così la latinizzazione dell’estremo sud dell’Italia. Ci sono poi la Chiesa di San Rocco e la Chiesa di Santa Caterina del XVI secolo, la Chiesa del Carmine e la Chiesa dello Spirito Santo, di rito ortodosso, del XVII secolo e la Chiesa dell’Immacolata del XVIII secolo.
Assolutamente da non perdere è la visita alla Giudecca ebraica. Le prime testimonianze della presenza a Bova di una comunità ebraica risalgono alla fine del XV secolo, con tutta probabilità in seguito alla sua cacciata dalla Spagna nel 1492. La Giudecca di Bova si trova ai margini della città, confinata tra le due porte che si aprivano a sud e a nord. Gli ebrei furono espulsi da Bova nel 1577 con l’accusa di aver diffuso la peste. Con il terremoto del 1783 l’assetto del quartiere subì molte trasformazioni ma oggi l’area è stata ristrutturata ed è uno dei luoghi più interessanti da vistare.
Per finire una passeggiata fino alla cima del paese che ospita i ruderi del castello Normanno del X-XI secolo da cui si può ammirare uno splendido panorama sul paese e le colline circostanti, oltre che sui tetti del paese, aggrappato alla collina.
Ma preparatevi a stupirvi fin dall’arrivo a Bova: sulla piazza del paese, a due passi dal Municipio, costruito a inizio Novecento sulle fondamenta di palazzo Marzano, si trova una locomotiva 740 Ansaldo Breda, del 1911, monumento e simbolo dell’emigrazione.
ROGHUDI, PAESE FANTASMA
Il versante ionico del parco, quello più arido, è ben rappresentato dal percorso e dai panorami che conducono a Roghudi, paese “fantasma”. La storia di questo villaggio aggrappato a uno sperone di roccia che si affaccia sulla Fiumara Amendolea si ferma nel 1971, quando una terribile alluvione, che in due giorni fece precipitare sulla zona l’equivalente della pioggia che normalmente cadeva in un anno, costrinse a evacuare tutti i 1600 abitanti. Non torneranno mai più nelle loro case, perché ai tempi si decise di ricostruire il paese sulla costa, sradicando così centinaia di persone abituate alla vita di montagna. Un processo molto doloroso che ancora oggi sono in molti a ricordare. Roghudi Nuova si trova nelle vicinanze di Melito Porto Salvo, a circa 40 chilometri dalla montagna.
È possibile ancora oggi percorrere un sentiero all’interno del paese abbandonato, meglio se accompagnati da una guida (noi siamo andati con Noemi Evoli, una delle bravissime guide dell’Associazione Guide Ufficiali del Parco di Aspromonte). Vietato invece entrare nelle case, il cui interno però si può sbirciare dalla strada: in alcune rimangono ancora i resti di una vita interrotta bruscamente. Una tovaglia, alcune bottiglie vuote, le botti di quella che doveva essere una cantina, un antico forno per il pane. L’unico edificio ad essere stato restaurato è la chiesetta di San Nicola, che ancora oggi a volte offre riparo ai viandanti e agli escursionisti. Prima di entrare in paese, il pittoresco panorama dall’alto mostra il villaggio affacciato sulla fiumara. Un paesaggio imponente e doloroso allo stesso tempo. Alcuni sostengono che di notte si possano sentire ancora i loro lamenti salire dai dirupi verso il paese.
PANORAMI E NATURA INCONTAMINATA
Le attività che si possono fare nel Parco Nazionale dell’Aspromonte sono tantissime. Il centro turistico più noto è Gambarie, località sciistica rinomata come risulta chiaro dall’elevato numero di alberghi e ristoranti. Qui si trova anche la sede dell’ente Parco attorno a cui ruotano una serie di attività che stanno riscuotendo un crescente successo. Al primo posto ci sono ovviamente le escursioni. I trekking sono di difficoltà diverse, ma la maggior parte sono alla portata di tutti.
Una delle passeggiate più famose e più belle per gli escursionisti è quella che conduce al punto panoramico sul Montalto, la vetta più alta dell’Aspromonte e una delle più alte dell’intera Calabria. Il fascino dell’escursione a Montalto è arricchito dalla presenza, sulla sua sommità, della statua di bronzo del Redentore e da un monumento con la Rosa dei Venti. Il sentiero si snoda in salita, ma non è troppo faticoso, tanto più che si cammina immersi tra faggete e abetaie fino ad arrivare ad una radura prative. Vale la pena percorrerlo insieme a una delle guide del parco: Andrea Ciulla, che ha accompagnato noi, ci ha spiegato molte cose sulla fauna e la flora di questa zona. Da qui si possono ammirare scorci panoramici unici al mondo e ammirare i tre vulcani: Etna, Vulcano e Stromboli. A condizione che non troviate una delle poche giornate di nebbia, come è successo noi. In questo caso, non vedrete assolutamente nulla, però potreste avere la fortuna di imbattervi in un raro esemplare di piviere tortolino che a fine estate è in procinto di migrare.
Gli amanti del birdwatching hanno a disposizione un’altana, realizzata dall’ente parco, da cui gli studiosi si appostano per ore per osservare e studiare la migrazione degli uccelli rapaci.
Un’altra escursione molto amata è quella che permette di ammirare il tramonto sullo Stretto e che è stata inserita anche tra i percorsi del Park Bus, il servizio che permette di arrivare sulla piazza di Gambarie da Reggio Calabria con il bus del Parco per partecipare al programma di escursioni estive (18 nel 2019). Si tratta di un percorso in semi-notturna che ha permesso ad una cinquantina di persone, dopo una camminata non troppo impegnativa di circa 40 minuti all’interno del bosco, accompagnati dall’Associazione Guide Ufficiali del Parco, presieduta da Luca Lombardi, di percorrere circa 4 chilometri per arrivare a godere del tramonto sullo Stretto da una radura lungo il crinale del monte Scirocco. Da questo punto privilegiato, lo sguardo spazia all’orizzonte e permette di ammirare l’Etna a sinistra e le isole Eolie a destra. Spettacolare ed emozionante vedere il sole che cala dietro la Sicilia e dipinge di rosso la punta della Calabria. Il cammino trova così il suo significato, anche per chi vive qui e prova a rimanere mostrando a chi visita questi luoghi la bellezza di un territorio fatto di natura e tradizioni, da custodire e valorizzare. Non dimenticate le torce per la discesa!
Nelle limpide notti estive, si può ammirare il cielo di Aspromonte da un punto di vista ravvicinato, ovvero attraverso i cannocchiali del Planetario Pythaoras di Reggio Calabria, che organizza serate di osservazione dei pianeti e delle stelle con Marco Romeo e la straordinaria professoressa Angela Misiano, che stanno anche cercando di promuovere il progetto per un parco delle stelle denominato “Aspromonte Stellare”. Il Parco Nazionale dell’Aspromonte, infatti, è stato individuato come uno dei luoghi dalle condizioni ideali per osservare il cielo stellato.
L’Osservatorio della Biodiversità di Cucullaro, coordinato da Nino Siclari, da qualche anno ha avviato progetti di didattica ambientale e di tutela, studio e monitoraggio della biodiversità, tra i quali un sito dedicato all’allevamento dell’Ulunone appenninico, un anfibio endemico dell’Italia peninsulare.
Chi ama la storia non può fare a meno di fare tappa al Cippo di Garibaldi a Sant’Eufemia d’Aspromonte, dove, come recita la famosa canzone, “Garibaldi fu ferito, fu ferito ad una gamba…”. Accanto al cippo che ricorda il ferimento dell’eroe del Risorgimento, si trova un mausoleo monumentale dedicato alle imprese in Aspromonte.
CASCATE MAESANO
Boschi e cascate: lo avreste mai immaginato così l’Aspromonte? Se la derivazione latina del nome di questa straordinaria montagna calabrese lascia intendere un territorio severo e inclemente, percorrendo alcuni suoi sentieri, in particolare quelli del versante tirrenico, si scoprono zone immerse nel verde. Vale in ogni caso la pena sapere che la derivazione greca del nome significa “bianco”, “lucente” e rimanda al colore della neve e delle fiumare.
Le Cascate dell’Amendolea, o Cascate Maesano, dal nome di una contrada che si trova più a valle, chiamate dai locali u Schicciu da Spana, che significa qualcosa come “cascate sbarbate”, probabilmente perché si trovano in una zona rocciosa con poca vegetazione, si raggiungono imboccando un sentiero immerso nella Zona A del parco, ovvero quella a riserva integrale e dunque di eccezionale valore naturalistico. Il percorso è uno dei più suggestivi e anche dei più frequentati, sia perché abbastanza semplice da percorrere sia perché le cascate sono un vero spettacolo!
A percorrere il sentiero ci si impiega meno di un’ora e può essere affrontato abbastanza facilmente da chiunque abbia un sufficiente allenamento e scarpe da trekking. Il primo tratto è una facile pista forestale sterrata immerso nel bosco, poi si continua con un percorso di tipo escursionistico in cui si scende lungo il costone e il sentiero taglia un pendio franoso con rocce affioranti, per poi arrivare quasi di colpo di fronte alle cascate, caratterizzate da tre spettacolari salti che terminano in altrettanti gurnali, ovvero pozze di acqua cristallina scavate dalla stessa acqua nella roccia nel corso dei secoli. Durante il press tour organizzato dal Parco Nazionale Aspromonte siamo stati accompagnati in questo bellissimo percorso da Demetrio D’Arrigo, una delle straordinarie guide dell’Associazione Guide Ufficiali Del Parco Nazionale Dell’Aspromonte che con professionalità e passione aiutano a valorizzare questo territorio ancora in parte sconosciuto.
Il sentiero inizia a valle della diga del Menta, un’opera, pensata negli anni ’70, iniziata negli anni ’80 e proseguita negli anni ’90, che finalmente terminata dopo 30 anni di lavori permette a Reggio Calabria di avere acqua a disposizione tutto l’anno. L’Aspromonte, infatti, è ricco d’acqua che, anche a causa delle fiumare, spesso non riusciva ad arrivare in città. La diga, che ha creato un lago artificiale, è stata una grande opera utile a risolvere questo problema. Oggi, grazie alla collaborazione con la società gestore, è in fase di realizzazione un progetto per la valorizzazione naturalistica e turistica dell’invaso del Menta, collocato nel cuore dell’area protetta del parco. Qui c’è uno straordinario patrimonio bio-naturalistico che potrà essere valorizzato con la sistemazione delle aree spondali per favorire la sosta e la nidificazione di varie specie acquatiche.
I BRONZI DI RIACE
Prima di salire in Aspromonte, vale la pena fare un giro a Reggio Calabria. Se avete poco tempo, visitate almeno lo splendido Museo Archeologico Nazionale, che conserva una delle più importanti collezioni di reperti provenienti dalla Magna Grecia ed è molto interessante da visitare anche grazie all’allestimento moderno. Palazzo Piacentini, dal nome del suo architetto, è infatti uno dei rari edifici progettati e realizzati appositamente per accogliere collezioni museali. Il percorso museale inizia con l’esposizione dedicata alla Preistoria e si sviluppa comprendendo tutti i territori con l’obiettivo di raccontare la storia della Calabria.
Il museo è anche la “casa” dei famosi Bronzi di Riace, tra le testimonianze più significative dell’arte greca classica. Le statue, alte 1,98 e 1,97 metri e pesanti 160 chili, risalgono probabilmente alla metà del V secolo a.C., anche se le ipotesi sulla provenienza, sulla datazione e sugli autori delle statue sono diverse.
Nel museo c’è anche un punto informativo del Parco dell’Aspromonte, grazie alla collaborazione tra i due enti del progetto “Park Bus: dal Museo al Parco Nazionale” che permette ai visitatori del Museo di raggiungere il Parco a bordo degli eco-pulmini, accompagnati dalle Guide Ufficiali, percorrendo diversi itinerari tematici.
Manca qualcosa, vero, a questo itinerario? I luoghi dove mangiare e dove dormire in Aspromonte li trovate in questo post.
Per il resto, aggiungete pure nei commenti le ulteriori tappe di un itinerario in Aspromonte che avete già visitato o che inserireste in un possibile viaggio: le cose da vedere da queste parti sono davvero moltissime e quelle da me raccontate sono soltanto una piccola parte che però possono essere un buon punto di partenza per innamorarvi dell’Aspromonte come è successo a me!
Comments
1 commentoJules
Set 24, 2019Che interessante questo articolo! Non ho mai sentito molto parlare di questa zona, mi ricorda un po’ quella dove vivo, che molti ignorano, ma che ha tanti siti di interesse. Bella anche la storia di Margherita, deve essere stato bello conoscerla! Grazie per aver condiviso queste storie, le terrò a mente per il mio primo viaggio nel Sud! 😉
https://julesonthemoon.com/
RitagliDiViaggio
Ott 23, 2019Ciao Jules, nemmeno io conoscevo l’Aspromonte prima e devo dire che è stata una sorpresa positiva oltre ogni aspettativa! Ti consiglio senza ombra di dubbio un viaggio da queste parti, sono sicura che ne rimarrai incantato!