Tirana: itinerario in 8 luoghi che raccontano la folle dittatura di Enver Hoxha

La storia del regime comunista di Enver Hoxha in Albania è molto particolare. Ho provato a sintetizzare i momenti cruciali della dittatura che il Paese visse dal 1944 al 1990 nel box successivo.

Negli ultimi anni l’Albania ha fatto uno sforzo importante per confrontarsi con il passato e compiere una sorta di catarsi, indispensabile per progettare il futuro senza rinnegare la propria storia. Questo lavoro ha riguardato soprattutto alcuni luoghi ed edifici significativi della città di Tirana, diventati oggi musei e strutture visitabili e aperte al pubblico.

L’elemento interessante è l’analisi di tipo documentale fatta sul proprio passato, nel tentativo di confrontarsi con la propria storia, senza sconti. Qualcosa che forse potrebbe essere preso come esempio anche da altri Paesi che hanno vissuto periodi storici di regimi dittatoriali, Italia compresa. So bene che si tratta un tema delicato e complesso, però mi ha colpito la maturità di Tirana e dell’Albania nell’esaminare un periodo controverso della propria storia, riuscendo ad elaborarlo, trasformandolo in un elemento turistico non banale.

In questo post, vi racconto un itinerario tra gli 8 edifici, musei e luoghi più significativi per ripercorrore e comprendere alcuni momenti significativi del regime di Enver Hoxha. In fondo all’articolo una mappa per individuare questi 8 luoghi a Tirana.

Hocha è figura storica ancora poco conosciuta, soprattutto in Italia, ma di cui invece penso sarebbe importante saperne di più, anche per comprendere e leggere in modo meno superficiale le dinamiche dei noti sbarchi degli albanesi in Puglia negli anni ’90.

Foto d'epoca conservate nel bunker
Foto d'epoca conservate nel bunker: Hoxha durante un evento
Foto d'epoca conservate nel bunker
Foto d'epoca conservate nel bunker: una manifestazione del regime

La dittatura di Hoxha

Enver Hoxha, figura di spicco della lotta di Liberazione, a capo del partito che, nelle prime elezioni dopo la vittoria sul nazifascismo, ottenne oltre il 90% dei suffragi, divenne primo ministro della Repubblica Popolare di Albania, nata nel 1946, con una costituzione identica a quella jugoslava.

Il governo di Hoxha partì con il piede giusto, grazie a un ambizioso programma per lo sviluppo economico, culturale, educativo e sociale della Nuova Albania, sostenuto anche da significativi aiuti umanitari. Ma alla fase di sviluppo, seguì quella di stagnazione, che sfociò in una vera crisi economica, a cui si aggiunsero i problemi causati dall’estremo isolamento internazionale del Paese. A quel punto Hoxha non trovò di meglio che usare la propaganda per glorificare le azioni del regime, giustificare la politica poliziesca e aumentare il culto della personalità, mentre con la violenza emanò una serie di leggi che violavano i diritti individuali e formavano un sistema di prigioni e di campi di concentramento distribuiti nel Paese, impedendo a chiunque di lasciare l’Albania, bloccando al contempo ogni entrata illegale dall’esterno.

In un clima sociale sempre più devastante, Hoxha cominciò a isolarsi progressivamnte anche sul piano politico. Nel 1948, con la rottura tra Tito e Stalin, l’Albania, Hoxha allinea la sua posizione a quella di Mosca. Tutti gli accordi con la Jugoslavia furono annullati e interrotti i rapporti economici. L’Albania , grazie ai finanziamenti ottenuti dai paesi del blocco dell’Est e all’aumento dei prestiti cinesi, poté godere di una rapida crescita economica e culturale nonché di un miglioramento delle condizioni di vita. Nel 1957, Unione sovietica e Cina si scoprirono in conflitto e i delegati albanesi si schierarono a favore della Repubblica Popolare Cinese. I sovietici condannarono le posizioni staliniste del leader albanese, annullarono tutti gli impegni assunti con il governo di Tirana, interrompendo non soltanto i rapporti diplomatici ma anche l’erogazione di finanziamenti. Gli aiuti tecnici e finanziari della Cina, seppure importanti, furono inferiori a quelli dell’Unione Sovietica e insufficienti a soddisfare le esigenze albanesi. Nei primi anni Settanta iniziò a vacillare anche l’alleanza tra Cina e Albania. Un paio d’anni dopo la morte di Mao Tse-Tung, nel 1978, la Cina interruppe gli aiuti economici richiamando i propri esperti a Pechino. L’Albania si trovò completamente isolata.

Il dittatore albanese nel 1976 vietò ogni collaborazione con gli altri Paesi. A segnare questa fase storica di crescente isolamento fu la costrizione di un sistema di fortificazioni in cemento armato a difesa da eventuali attacchi provenienti dall’esterno. Migliaia di bunker furono disseminati su tutto il territorio e testimoniano ancora oggi la follia e l’ossessione di quell’epoca. Dal Paese non poteva uscire nessuno e a pochissimi era concesso di entrare. La dura repressione politica causò migliaia di vittime. Secondo un rapporto del 2016, in Albania i prigionieri politici furono 26.768 uomini e 7.367 donne e, dal 1944 al 1991 vennero fucilate o impiccate, senza un ordine giudiziario, oltre 6 mila persone, di cui 5.577 uomini e 450 donne.

L’Albania piombò nell’isolamento totale e, verso la metà degli anni Ottanta, dopo la morte del dittatore nel 1985, ad affrontare una grave crisi che condizionerà l’epoca successiva, facendo precipitare la situazione economica e sociale dell’Albania a tal punto da costringere migliaia di persone alla fuga.

I bunker-museo, catarsi del regime

Lungo i viali di Tirana, tra i giardini e le case, è facile scorgere alcuni piccoli bunker sotterranei in cemento armato, la cui parte superiore emerge dal terreno. Ce ne sono di piccoli, capaci di ospitare al loro interno tre, quattro o cinque persone, e di grandi, costruiti a partire dagli anni ’50. La maggior parte di queste strutture servivano per il combattimento, mentre i due grandi bunker che oggi sono stati trasformati museo erano rifugi di sicurezza per il dittatore e gli alti gradi dell’esercito.

Il processo di bunkerizzazione voluto dal dittatore Hoxha rispondeva alla necessità di difendersi da un imminente attacco dell’imperialismo occidentale (dall’Italia fino agli Usa) o dal cosiddetto blocco socialimperialista, cioè i paesi aderenti al patto di Varsavia e legati all’Unione Sovietica.

Dopo la caduta del regime, nel 1991, molti bunker furono presi a picconate dalla popolazione. Oggi i due bunker più grandi sono stati trasformati in musei, grazie al progetto storico-culturale sulla conservazione della memoria collettiva e sulla storia del regime comunista.

Iniziato nel 2014 con l’apertura al pubblico di Bunk’ Art 1, una mostra video-museale situata all’interno del bunker atomico di Hoxha, alla periferia di Tirana, il progetto è continuato con l’apertura di Bunk’ Art 2 nel 2016 nel centro storico della capitale.

Mentre Bunk’ Art 1 è dedicato alla storia dell’esercito comunista albanese e alla vita quotidiana degli albanesi durante il regime, Bunk’ Art 2 ricostruisce la storia del ministero degli Interni albanese dal 1912 al 1991 e svela i segreti della Sigurimi, la polizia politica del regime di Hoxha.

L’ideatore e curatore generale del progetto Bunk’ Art è il giornalista italiano Carlo Bollino, mentre lo staff della ricerca storica è guidato dalla giornalista albanese Admirina Peçi.

I bunker sono una sorta di museo della memoria utili non soltanto per capire l’ossessione della dittatura della possibile invasione e dell’attacco nucleare da parte di un nemico irreale, ma anche per farsi un’idea abbastanza chiara di cosa fosse l’Albania nel lungo arco di tempo della dittatura, fra il 1944 e il 1991, e da cosa fuggissero le decine di migliaia di persone che nel 1991 giunsero a più ondate sulle coste pugliesi rincorrendo il sogno di una vita migliore.

Un esempio di piccolo bunker a Tirana
Un esempio di piccolo bunker a Tirana
Un esempio di piccolo bunker a Tirana
Un esempio di piccolo bunker a Tirana
Una delle frasi appese alle pareti del Bunkart 2
Una delle frasi appese alle pareti del Bunkart 2

GLI 8 LUOGHI DELL'ITINERARIO

1. Il Bunk’art e la paranoia politica di Hoxha

Il luogo forse più originale per comprendere alcuni degli aspetti più inquietanti regime di Hoxha è il Bunk’art, il primo dei due grandi bunker fatti costruire dal dittatore come rifugio in caso di attacco nucleare e trasformati da qualche anno in musei e spazi artistici.

Questo rifugio militare realizzato per l’élite politica militare albanese tra il 1970 e il 1972 è situato lungo la strada che dal centro di Tirana conduce alla montagna Dajti, in una zona militare ancora attiva. Il modo più veloce per raggiungere questo luogo è il taxi, che si ferma allo slargo dove è ubicata la biglietteria. Da qui s’imbocca un sentiero che, in pochi minuti, permette di risalire la collina, dove si intravedono campi di esercitazione vigilati da militari, e arrivare all’ingresso del rifugio, riconoscibile da un cartello colorato con la scritta Bunk’art.

In circa 40 delle più di 100 stanze dislocate su oltre 2.680 metri quadrati sviluppati su cinque livelli e dove la temperatura è di circa 16 gradi, il museo organizza un interessante percorso dentro la contorta ed ossessiva mente del tiranno e offre una raffigurazione della paranoia politica durante il governo di Hoxha. Aperto al pubblico nel 2014, il percorso video-museale, arricchito da diverse opere d’arte contemporanea, sviluppa la storia dell’Albania dall’occupazione italiana agli ultimi anni del regime comunista, soffermandosi sulla storia dell’esercito comunista albanese e sulla vita quotidiana degli abitanti durante il regime.

Molta curiosità suscitano le stanze del dittatore Hoxha, del primo ministro Shehu, che supervisionò di persona la costruzione del bunker e quella del capo dello staff. La stanza di Hoxha – la più lussuosa e la più grande di tutto il bunker – è formata dall’anticamera del segretario personale, dallo studio privato, da una camera da letto e da uno spartano gabinetto. Le stanze ricreano gli ambienti delle abitazioni dell’epoca della dittatura: l’ossessione per il comunismo reale aveva portato Hoxha a volere che non solo i mobili, ma persino piatti, tazze e bicchieri fossero uguali in tutte le case. Sono esposti anche apparecchi televisivi dell’epoca che trasmettono i programmi e i notiziari uniformati al regime.

Il bunker in realtà non fu mai abitato dal dittatore e dai suoi generali: Hoxha visitò la struttura prima e dopo l’inaugurazione, il 24 giugno 1978, ma non ci trascorse nemmeno una notte. All’ingresso del museo è esposta la lussuosa Zim-12 costruita in Russia. Hoxha la ricevette in regalo da Stalin nel 1950.

Una volta entrati, il percorso è in ordine cronologico: dall’Albania del Regno d’Italia all’Albania socialista, passando per la Resistenza. Foto, suoni e video d’epoca guidano il percorso storico e sociale dal fascismo italiano al comunismo albanese. I pannelli in albanese e in inglese ricostruiscono la storia con dovizia di informazioni, affiancando alle descrizioni le copie originali dei documenti di archivio.

Sconsigliato a chi soffre di claustrofobia e non accessibile ai disabili.

Un corridoio del bunker
Un corridoio del bunker
La camera da letto di Hoxha
La camera da letto di Hoxha

2. Il Bunk’ Art 2 e la documentazione degli orrori del regime

Il Bunk’ Art 2 si trova in una delle principali strade del centro storico di Tirana e ospita la prima grande esposizione museale dedicata alla memoria delle vittime del regime comunista.

Inaugurato nel 2016, lo spazio espositivo è stato ricavato all’interno di un bunker antiatomico sotterraneo, costruito segretamente nei pressi del ministero dell’Interno albanese tra il 1981 e il 1986.

Progettato per ospitare i membri del ministero in caso di attacco nucleare, rappresenta una delle strutture realizzate dal regime comunista nell’ambito del progetto di bunkerizzazione iniziato nei primi anni ’70 che ha portato alla costruzione di 175.000 bunker di varie dimensioni in tutto il Paese. I bunker erano di tre tipi: siti di montagna, edifici e fosse. Il bunker del ministero degli Interni è del tipo “fossa”: consiste in un grosso pozzo aperto nei pressi del ministero degli Affari interni, ha una superficie complessiva di mille metri quadrati, muri perimetrali spessi fino a 2,4 metri e avrebbe dovuto ospitare 24 uffici, un appartamento riservato al ministro e una grande sala per le telecomunicazioni. La struttura superiore era sormontata da uno spesso strato di cemento armato che raggiunge uno spessore di 240 centimetri.

Come molti altri bunker di queste dimensioni, anche questo venne costruito per resistere a un potenziale attacco chimico e nucleare. In realtà il bunker non venne mai utilizzato: il primo ministro Mehmet Shehu e il dittatore Enver Hoxha, che ne ordinò la costruzione, morirono prima del termine dei lavori.

Oggi il bunker ospita il museo che racconta gli anni del regime comunista con particolare attenzione alle sue vittime, ricostruisce la storia del ministero dell’Interno dal 1912 al 1991 e svela i segreti della Sigurimi, la polizia politica del regime di Hoxha. Nel bunker sono stati ricostruiti i locali per gli interrogatori, esposti gli strumenti, rudimentali ma efficaci, usati per lo spionaggio e le foto delle vittime della polizia segreta. L’esposizione storica comprende tre sezioni, contraddistinte da colori diversi: l’area blu è dedicata alla storia delle forze di polizia dall’invasione fascista alla liberazione, l’area verde a quella della gendarmeria dall’indipendenza alla seconda guerra mondiale, mentre la terza sezione racconta la storia della Sigurimi durante la dittatura. Anche l’esposizione museale ospita tre diverse aree: la prima, denominata Seguendo e sorvegliando, illustra le attività della polizia, la seconda mostra l’anticamera e la stanza del ministro degli Interni, per passare infine alla stanza investigativa.

La visita al labirintico museo è supportata dai cartelli che suddividono le aree in quattro corridoi. Il secondo corridoio è formato da 11 stanze e rappresenta la parte più inquietante del museo, quella che racconta la storia della Sigurimi e dei campi di prigionia. L’ingresso e l’uscita del bunker sono stati costruiti soltanto di recente: nel progetto iniziale entrare nel tunnel era possibile soltanto dall’interno del ministero.

La ricostruzione di una stanza dell'epoca nel bunker
La ricostruzione di una stanza dell'epoca nel bunker
Oggetti e pannelli ricordano i prigionieri politici
Oggetti e pannelli ricordano i prigionieri politici
La ricostruzione di una stanza dell'epoca nel bunker
La ricostruzione di una stanza dell'epoca nel bunker
L'entrata del bunker in una strada del centro di Tirana
L'entrata del bunker in una strada del centro di Tirana

3. La Casa delle Foglie, il Museo dei Servizi Segreti

La Casa delle Foglie – museo dei Servizi segreti, aperto al pubblico nel 2017, è uno degli ultimi musei realizzati in ordine di tempo a Tirana. Questo edificio, costruito nel 1931 per ospitare la prima clinica ostetrica dell’Albania, durante la Seconda Guerra Mondiale divenne la sede della Gestapo e infine, durante il regime di Hoxha, della Sigurimi, la temuta sorveglianza segreta, attiva durante uno dei periodi più bui della storia albanese.

Durante gli anni del comunismo albanese, l’edificio era il luogo in cui le spie del regime si riunivano per ascoltare le conversazioni telefoniche dei cittadini, interrogare e torturare i sospettati.
Le foglie, che danno il nome il museo, sono la metafora dei documenti riguardanti la popolazione albanese custoditi per anni nei registri e nei dossier. Il museo è infatti dedicato a tutti le persone che furono spiate, arrestate, processate, condannate e giustiziate durante il regime comunista.

Formato da 31 sale, molte delle quali arredate con mobili dell’epoca, il museo è disposto su due piani che ospitano le attrezzature usate dalla Sigurimi. I visitatori possono accedere alle sale usate per le intercettazioni telefoniche, alla camera oscura per lo sviluppo di pellicole e a diversi laboratori.

Ogni piano ospita due stanze in cui è possibile assistere a proiezioni e film albanesi del tempo, mentre la stanza della fotografia, alla fine del primo piano, è l’unica ad essere stata lasciata tale e quale ai tempi della Sigurimi: qui venivano analizzate le immagini scattate di nascosto alla popolazione. Tra le attività principali di Sigurimi c’erano infatti la realizzazione di video, fotografie e intercettazioni audio realizzate segretamente da agenti che seguivano le persone di nascosto e le controllavano tramite tecniche speciali apprese dagli istruttori sovietici e tecnologie prodotte in Unione Sovietica e nella Germania dell’Est.

Sigurimi e gli anni del terrore

Risale alla primavera del 1944 il primo serio tentativo di creare un servizio di intelligence, ma soltanto nel novembre dello stesso anno emergerà la volontà di realizzare l’organizzazione che più tardi sarà il principale pilastro a difesa del potere del regime.

La data ufficiale di nascita della Sigurimi è il 14 dicembre 1944, quando venne creato il Direttorato per la Difesa delle Persone. Il duplice obiettivo della Sigurimi era attaccare gli oppositori politici e proteggere il potere.

La Sigurimi operava al di fuori della legge, con forme disumane di tortura e costante violazione dei diritti umani. Dopo la fine della collaborazione con la Jugoslavia, furono i consiglieri sovietici ad avere un ruolo di primo piano nelle attività della Sigurimi.

Dal 1949 al 1953 l’attenzione fu rivolta soprattutto a scoprire e catturare i gruppi organizzati dagli Americani e dagli Inglesi che tentavano di entrare in Albania per destituire il regime di Hoxha.

Nel 1961, in seguito alla rottura con l’Unione Sovietica e all’avvicinamento alla Cina, i consiglieri sovietici se ne andarono e, fino al 1982, Sigurimi ebbe grandissima libertà d’azione, grazie ai sistemi sofisticati forniti dalla Cina. Da allora e fino alla fine del regime nel 1991, Sigurimi, negli anni di isolamento del Paese, aumentò le misure di spionaggio verso chiunque, nel tentativo di bloccare i tentativi di fuga dal Paese che aumentavano di anno in anno.

La Casa delle Foglie
La Casa delle Foglie
Mercatino di libri all'esterno della Casa delle Foglie
Mercatino di libri all'esterno della Casa delle Foglie

4. La Piramide

Un edificio di cemento a forma di enorme piramide che si affaccia sul lato sinistro del bulevardi Dëshmorët e Kombit, uno dei viali più importanti del centro storico di Tirana: questa folle costruzione fu concepita per essere il mausoleo che avrebbe custodito i resti Enver Hoxha.

Progettata dalla figlia e dal genero di Hoxha, la Piramide venne realizzata nel 1986 e aperta nel 1988. Con la caduta del regime, divenne prima sede del centro internazionale di cultura, poi della discoteca Mumia (la cui insegna non è ancora stata eliminata) e, infine, di un’emittente televisiva.

Tetra memoria di un dittatore, la Piramide assunse questo nome durante la rivolta degli studenti nel dicembre del 1999 e rappresenta l’espressione di smisurata autocelebrazione di Hoxha, che, con questo mausoleo, voleva tramandare ai posteri la grandiosità del suo potere.

Simbolo della confusa e contraddittoria storia di Tirana, oggi tutto quello che rimane è un’imponente struttura di cemento, che ha resistito a diversi tentativi di demolizione da parte dei precedenti governi, segnata dal tempo e ricoperta di graffiti, simbolo della libertà riacquistata dalla popolazione albanese. I ragazzi amano scalare il bizzarro edificio fino in cima per poi lasciarsi scivolare lungo una delle pareti oblique.

Il suo futuro sembra essere quello di diventare un centro tecnologico e culturale.

La Piramide
La Piramide
Un altro scorcio della Piramide
Un altro scorcio della Piramide in cui si notano i graffiti e, in cima, alcuni ragazzi pronti a scendere lungo uno dei lati

5. Posto di blocco. Memoriale dell’isolamento comunista

Un monumento in memoria dei prigionieri politici albanesi si trova all’interno di un parco verde, nei pressi del quartiere Bllok. Creato dallo scrittore e dissidente Fatos Lubonja, noto intellettuale albanese residente oggi in Italia che, durante gli anni del socialismo, visse l’esperienza dell’internamento a Spaç e dall’artista Ardian Isufi e inaugurato il 26 marzo 2013, il Posto di blocco. Memoriale dell’isolamento comunista si compone di tre principali elementi.

Il primo elemento è il bunker TRIII 1976 I, uno dei piccoli bunker difensivi in cemento sparsi in tutto il Paese e che, in questa zona di Tirana in particolare, proteggeva l’ingresso al quartiere Bllok abitato dai funzionari del partito: nel parco sono visibili altri piccoli bunker, di cui uno interamente ricoperto da graffiti colorati.

Il secondo monumento è costituito da diversi supporti di cemento provenienti dalla miniera del campo di lavoro Spaç, il più grande luogo di detenzione e lavori forzati in cui furono rinchiusi migliaia di prigionieri politici tra il 1968 al 1990.

Il terzo e ultimo elemento, infine, è una variopinta sezione del muro di Berlino donata dalla capitale tedesca al comune di Tirana.

Il sito del Memoriale

6. Il “Blocco” e la villa di Hoxha

Un tempo zona inaccessibile alla popolazione, circondata da un cordone di sicurezza, oggi quartiere all’avanguardia di Tirana, tra le cui strade si respira un’atmosfera internazionale. Grazie alla doppia anima chiassosa e culturale, quest’area è frequentata sia da chi ama i club sia da chi predilige i caffè letterari ed è stato portato a nuova vita dalla cosiddetta “boat people”, la generazione di albanesi fuggiti dal proprio Paese per studiare e lavorare e tornati nella capitale per investire le proprie risorse culturali e professionali nell’Albania ormai libera e indipendente.

Blloku, conosciuto anche come Ish-Blloku o Block (Primo Blocco), significa “il Blocco”, termine con cui s’intende “quartiere”. Blloku è quindi il quartiere per eccellenza e, a ben vedere, questa zona della città ha sempre rappresentato qualcosa di speciale. Progettata come “quartiere giardino” nel periodo fascista, il Blloku venne costruito per ospitare prima le case private degli uomini fidati del re, poi quelle della nomenclatura del fascista Jacomoni. Infine, nel 1951, dopo la seconda guerra mondiale, all’epoca del regime comunista, diventò la zona riservata alle case dei funzionari del comitato centrale del partito, al servizio di Hoxa.

Al Blloku, sorvegliato dalla guardia repubblicana, non potevano accedere i semplici cittadini, ma solamente i gerarchi e le persone autorizzate. Con la caduta del regime, nel 1991, lo spazio, finalmente aperto a tutti, venne preso d’assalto e trasformato nel luogo più vivace della città. Le vecchie case dei funzionari divennero pub, bar e discoteche. Qui si trova anche l’ex villa del dittatore Enver Hoxha: non è accessibile al pubblico e si può sbirciare la costruzione – in realtà nulla di particolare – soltanto attraverso il muro di recinzione.

Palazzi del Blloku
Palazzi del Blloku
Un locale nel Blloku
Un locale nel Blloku

7. L’istituto per l’integrazione degli ex Perseguitati politici

Se dal vialetto centrale che conduce al parlamento ci si dirige verso il grande viale trafficato rruga George W. Bush, attraversandolo, dall’altra parte della strada s’imbocca una via pedonalizzata, lunga appena cento metri, in leggera pendenza, su cui si affacciano bar e ristoranti con tavoli all’aperto e che conduce al Ponte dei Conciatori.

All’inizio della via, sulla destra, c’è una villa che ospita la sede dell’istituto per l’integrazione degli ex Perseguitati politici, l’ente che riconosce e risarcisce coloro che furono condannati e perseguitati dal regime di Hoxha: l’atrio ospita foto d’epoca, grafici e mappe dei campi di prigionia del regime.

Dai dati sembra che circa il 30% dell’intera popolazione sarebbe stata oggetto di persecuzione politica o religiosa.

Nota: nella mappa in fondo al post, questo luogo è indicato come Ponte dei Conciatori, perché non presente su Google Maps.

L’istituto per l’integrazione degli ex Perseguitati politici
L’istituto per l’integrazione degli ex Perseguitati politici

8. La statua che non c’è più in Piazza Scanderbeg

L’ideale percorso sulle tracce del regime di Hoxha può terminare in piazza Scanderbeg, il fulcro di Tirana.

Su questa piazza, fino al 20 febbraio del 1991 svettava un’enorme statua dorata alta dieci metri che raffigurava il dittatore Enver Hoxha: la statua rappresentava il “padre della nazione” in cammino al centro della piazza posta in modo tale da essere vista da ogni parte, punto d’incontro di tutte le strade.

La simbolica statua venne abbattuta da una folla di centomila persone, disturbate soltanto da qualche sparo a salve delle forze di sicurezza, al termine di una marcia partita dall’università.

Piazza Scanderbeg oggi
Piazza Scanderbeg oggi

Gli 8 luoghi dell'itinerario

Conoscevate questo pezzo di storia dell’Albania? Che ne pensate?

Secondo me è uno dei buoni motivi per inserire Tirana tra le destinazioni future. Oltre a questo itinerario, in ogni caso, la capitale dell’Albania riserva molte altre cose interessanti da vedere. Per me è stata un’autentica scoperta e più avanti vi racconterò altri aspetti di questa città, magari più allegri.

Per comprendere gli anni del regime in Albania e la conseguente fuga di migliaia di profughi verso l’Italia negli anni ’90, vi consiglio due film, doveste avere modo di trovarli in giro: il primo è un film albanese Delegationi – La Delegazione che io ha vinto il Trieste Film Festival nel 2019 e che vi ho raccontato in un articolo sul blog. Il, secondo è La nave dolce, un bellissimo docufilm di Daniele Vicari, vincitore nel 2013 del David di Donatello. L’8 agosto 1991 ventimila albanesi approdarono in Italia dopo aver preso d’assalto la nave mercantile Vlora, attraccata a Durazzo carica di zucchero proveniente da Cuba. L’imbarcazione stipata all’inverosimile, senza cibo e senza acqua, approdò, con il motore principale in avaria, al porto di Bari, dove alcuni profughi vennero catturati, altri rimpatriati, ma molti di loro riuscirono a rimanere in Italia. Fu il primo grande sbarco di stranieri in Italia. Tra gli albanesi imbarcati su quella nave anche il regista Robert Budina, insieme agli amici della scuola di cinema e Kledi Kadiu, allora sedicenne, che diventerà un ballerino famoso grazie alla partecipazione a un programma di Maria De Filippi.

Giornalista, blogger e autrice di guide di viaggio, non riesce ad immaginare una vita senza viaggi per scoprire nuovi luoghi e conoscere culture diverse. Ama l'arte, la natura, la fotografia, i libri e il cinema. Appassionata di Balcani e di Europa dell'Est, di Medio Oriente e Sud Est asiatico, spera di riuscire a vedere tutto il mondo possibile.

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