Cosa vedere in Armenia: il mio itinerario di 8 giorni e 26 tappe

Con l’Armenia avevo un conto in sospeso dal 2020, quando, dopo aver acquistato il volo, ho dovuto rinunciare al viaggio a causa della ben nota pandemia che ha stravolto le nostre vite, la mia forse anche un po’ di più, ma questa è un’altra storia. Dopo aver visitato la Georgia nel 2019, il Caucaso mi ha rapita e non vedevo l’ora di riprenderne la scoperta. Con i nuovi voli low cost, i Paesi del Caucaso sono diventati più vicini e accessibili.

L’Armenia ha una storia e una cultura millenaria, è un Paese complesso dal punto di vista religioso e artistico, ma semplice da visitare e accogliente. È meta di turisti ma non è ancora invaso dal turismo di massa, probabilmente perché in molti si chiedono cosa c’è da vedere in Armenia.

Per chi ama l’arte, l’architettura e la natura, l’Armenia è un luogo meraviglioso. Verdissima e ricca di acqua, l’Armenia custodisce alcuni monasteri Patrimonio Unesco tra i più affascinanti che io abbia mai visto, costruiti in luoghi spesso remoti e panoramici. Luoghi in cui regna il silenzio assoluto, perfetti per meditare e riscoprire se stessi, avvolti in un paesaggio che sembra uscito da qualche film fantasy.

Il cibo e il vino sono buoni e abbondanti, gli abitanti accoglienti, tutti parlano inglese e quasi ovunque sono accettate carte di credito. L’Armenia dal punto di vista geografico è un microcosmo di culture e confina con Paesi complessi, come la Turchia e l’Iran. È uno di qui luoghi in cui si deve andare con grande curiosità e da cui si tornerà con la voglia di capirne ancora di più.

Il mio viaggio è durato otto giorni, voli compresi. L’itinerario che ho costruito è impegnativo, perché voglio cercare di vedere quanto più possibile dell’intero Paese, senza però forzare le tappe: il mio obiettivo non è mettere una bandierina, ma provare a comprendere la complessità di un luogo.

La maggior parte dei turisti compie escursioni in giornata da Yerevan perché tanti luoghi si trovano a una distanza ragionevole dalla capitale. Io ho preferito non rientrare nella capitale se l’itinerario lo permetteva, perché di solito vivere e dormire nei villaggi e nelle cittadine permette di scoprire il lato più autentico di un Paese.

Visti i pochi giorni a disposizione, è indispensabile poter girare in auto. Viste le condizioni delle strade trovate in Georgia, in Armenia mi sono affidata a un driver. In realtà in Armenia ho trovato strade migliori della Georgia in gran parte dei casi, però anche qui ci sono molti lavori in corso un po’ ovunque e avere qualcuno che già conosce le strade permette di compiere gli spostamenti in modo più veloce e quindi vedere più cose.

In un prossimo articolo, vi racconterò nel dettaglio tutte e cose da sapere per fare un viaggio in autonomia in Armenia. Qui invece trovate l’articolo con gli hotel scelti per dormire in Armenia

In questo articolo, invece, ecco le 26 tappe del mio itinerario di 8 otto giorni on the road in Armenia

Paesaggi mozzafiato della regione di Lori
Paesaggi mozzafiato della regione di Lori
Architettura socialista a Goris
Architettura socialista a Goris

GIORNO 1 - ARRIVO IN ARMENIA

La prima giornata del mio viaggio in Armenia è stata occupata dal volo da Venezia a Yerevan. Ho trovato un volo economico con Wizz Air che, da gennaio 2023, ha aperto la tratta per la capitale armena. Il volo dura quattro ore.

Sono arrivata a Yerevan nel tardo pomeriggio e la prima giornata è terminata con una prima esplorazione di Yerevan, che la sera è sempre vivace e piena di gente. Mi hanno detto che a causa della guerra tra Russia e Ucraina, molti russi sono fuggiti dal Paese e si sono stabiliti in Armenia. Li troverete facilmente in tutti i ristoranti della città: nei più turistici è centrali, a causa di questa pacifica invasione è praticamente impossibile trovare posto senza prenotare, anche nei giorni feriali. Ci sono circa centomila russi a Yerevan e nei dintorni da quando è scoppiata la guerra e quasi altrettanti ucraini.

Yerevan è una città moderna e sicura e i prezzi sono molto più alti rispetto al resto del Paese. È una città molto inquinata e a me si è chiusa subito la gola a causa dell’aria poco respirabile. Ho tenuto la visita della città per l’ultimo giorno e mezzo prima del rientro, quindi vi darò maggiori dettagli alla fine di questo post.

Lungo le strade di Yerevan
Lungo le strade di Yerevan
Il negozio più fotografato di Yerevan
Il negozio più fotografato di Yerevan
Piazza Charles Aznavour
Piazza Charles Aznavour

GIORNO 2 - ARMENIA DEL SUD

1. Monastero di Khor Virap

La prima tappa di ogni viaggio che si rispetti in Armenia non può che essere il monastero-simbolo di Khor Virap (Pozzo profondo), uno dei luoghi più santi, suggestivi e popolari di tutta l’Armenia. È situato alle pendici del biblico monte Ararat, a poco più di un centinaio di metri dal confine con la Turchia e a poco più di 30 km da Yerevan.

Si raggiunge facilmente da Yerevan anche con una breve gita di mezza giornata e quindi aspettatevi di trovare parecchi turisti. Se arrivate al mattino presto riuscirete a visitare il sito, la cui entrata è gratuita, con più calma. Il monastero è situato su un’altura che s’innalza di poche decine di metri sull’ampia pianura, nei pressi del fiume Araks e si affaccia su pascoli, nidi di cicogne e vigneti, a meno di cinque chilometri dalla strada principale che attraversa il villaggio di Pokr Vedi.

Il monastero di Khor Virap, con alle spalle il monte Ararat e la sua superba cima coperta di nevi perenni, e il Piccolo Ararat, entrambi in territorio turco, è una delle immagini più note e iconiche dell’intera Armenia. Dal punto di vista architettonico in realtà il monastero non è molto importante, ma è il suo profondo valore religioso a renderlo così caro a tutti gli Armeni. Si può visitare la chiesa principale e un altro edificio in cui si trova il pozzo dove la leggenda vuole sia stato imprigionato Gregorio l’Illuminatore, fondatore della Chiesa armena: se non soffrite di claustrofobia potete scendere nel pozzo tramite una stretta e ripida scaletta a pioli. All’esterno del sito c’è una bella terrazza da cui ammirare l’Ararat e il Piccolo Ararat, ma vale assolutamente la pena anche salire sull’altura per ammirare il monastero dall’alto.

Il monastero di Khor Virap
Il monastero di Khor Virap
Armenia
L'Ararat e il Piccolo Ararat dalla terrazza di Khor Virap

2. Zona vitivinicola di Areni

Ad un’ora circa di auto da Khor Virap si trova la zona vitivinicola di Areni, un rinomato centro di produzione vinicola. La maggior parte dei vigneti del Paese si trova nella pianura dell’Ararat e le valli comprese tra il villaggio di Areni e Yeghegnadzor producono vini di ottima qualità.

Una delle più famose un’azienda vinicole, perché si trova sulla strada statale, è Hin Areni Wine Factory, che offre degustazioni gratuite di vini e brandy e una visita guidata alla cantina, fondata nel 1994, la più antica dell’epoca post socialista. Tra le chicche della cantina ci sono alcune antiche anfore dipinte a mano con motivi floreali e geometrici e che ancora oggi sono usate per conservare il vino.

Le antiche anfore di terracotta per il vino
Le antiche anfore di terracotta per il vino

3. Città termale di Jermuk con canyon e cascata

Da Areni si può fare una deviazione verso la città termale di Jermuk, per scoprire le fonti termali di questa zona, dove sono sorti alcuni importanti resort che accolgono turisti anche dalle nazioni vicine, tra cui l’Iran. Dalla regione dell’Ararat si passa a quella di Vayots Dzor, inoltrandosi ancora nel sud del Paese.

Jermuk è una cittadina tranquilla, i resort sorgono in un’area poco distante dal centro abitato e accolgono turisti da diversi Paese. Ad esempio, io ho incrociato un’auto di una famiglia iraniana. A pochi passi dai resort si possono liberamente visitare le antiche fonti termali, riconoscibili da un lungo ed elegante colonnato sotto i cui archi sono disposte le fontanelle, che vanno dai 30 ai 53 gradi. Ancora oggi le persone si possono liberamente rifornire qui di acqua termale.

A poca distanza dalla cittadina vale la pena fare una breve e facile escursione nel canyon di Jermuk soprattutto per ammirare una cascata di 64 metri, la più alta dell’Armenia. La gola di Jermuk è davvero imponente e arrivando in città non potrà passare inosservato un enorme albergo di epoca socialista, oggi abbandonato.

Le fonti termali di Jermuk
Le fonti termali di Jermuk
La cascata di Jermuk
La cascata di Jermuk

4. Città di Goris

Da Jermuk si prosegue ancora verso sud, attraversando un meraviglioso paesaggio di valli e colline verdi fino ad arrivare alla regione del Syunik, la più a sud dell’Armenia e all’accogliente villaggio di Goris. Siamo a 254 km da Yerevan, lungo la strada verso l’Iran e a una manciata di chilometri dal Nagorno Karabakh, dove in questo momento ovviamente non si può proseguire per i motivi che conosciamo.

A Goris è come essere catapultati in un altro mondo la cittadina è famosa per la sua architettura tipica con le facciate delle case realizzate con un disegno a forma di pietra rotonda, chiamato barqyash, ma a colpire è anche l’appariscente architettura del periodo socialista, in particolare quella degli edifici istituzionali sulla piazza principale della cittadina. Se amate il genere, adorerete Goris. Ammetto che sarei rimasta qui almeno una giornata intera a fotografare i tanti incredibili edifici che fanno fare un salto nel passato e regalano un’atmosfera straniante.

Il mio consiglio è di trascorrere una notte in questa cittadina per respirare un pezzo di Armenia autentica (leggi il post dove dormire in Armenia). Ricordatevi soltanto che i pochissimi bar e ristoranti chiudono prestino, verso le 21 e per il resto ci sono soltanto dei piccoli market. Sono luoghi in cui la vita scorre in modo molto semplice e tranquillo, non mancano gli alloggi comodi ma le persone si spostano soprattutto per lavoro e i turisti sono davvero molto pochi.

Goris
Edifici e auto "d'epoca" sulla piazza principale di Goris
Goris
Monumento sulla piazza principale di Goris

GIORNO 3 - ARMENIA DELL’ESTREMO SUD

5. Villaggio troglodita di Khndzoresk

La prima tappa della seconda giornata on the road nel sud dell’Armenia parte da Goris e procede lungo la strada che conduce al Nagorno Karabakh, per deviare una manciata di chilometri prima del confine verso l’antico villaggio troglodita di Khndzoresk, noto per le sue centinaia di abitazioni rupestri scavate nell’arenaria. La strada per arrivare al villaggio rupestre è molto accidentata: non provate a percorrerla se non avete un 4X4. Ci sono infatti molti taxi che conducono i visitatori che non hanno un mezzo adatto fino al sito.

Nel XVII secolo Khndzoresk era considerato il più grande villaggio dell’Armenia orientale. Le grotte che fungevano da case sono situate in una vasta area sul pendio della montagna sopra la profonda valle del torrente che scorre più in basso. Il villaggio è facilmente raggiungibile a piedi lungo una lunga e ripida scalinata in discesa (al ritorno sarà ovviamente in salita) per poi attraversare la gola su un ponte tibetano metallico lungo 160 metri a un’altezza di 63 metri, inaugurato nel 2012.

Le grotte sono distribuite su una superficie molto ampia e sono di dimensioni molto diverse, alcune semplici, altre più elaborate. Si possono seguire un paio di facili sentieri per dare un’occhiata a questo paesaggio così particolare. All’inizio del periodo sovietico c’erano ancora molte persone che vivevano nelle grotte, finché tutti gli abitanti si trasferirono nel nuovo paese fondato più in alto.

Khndzoresk
Vista dall'alto dell’antico villaggio troglodita di Khndzoresk
Le antiche case nelle grotte
Le antiche case nelle grotte

6. Monastero di Tatev con la teleferica più lunga del mondo

La seconda tappa della giornata è spettacolare: con la teleferica la più lunga del mondo (5.756 metri), inaugurata nel 2010 ed entrata nel Guinness dei Primati, si raggiunge il monastero di Tatev, uno dei più alti e grandi dell’Armenia. La funivia è stata costruita in soli 11 mesi dal gruppo austro-svizzero Doppelmayr Garaventa, leader mondiale negli impianti a fune. La base di partenza si trova a Halidzor e offre spettacolari vedute della profonda vallata del fiume Vorotan che attraversa ad un’altezza massima di 320 metri. Le due cabine di cui è composta possono trasportare ciascuna 25 passeggeri alla volta. Il costo è di 7.000 dram (circa 15 euro) andata e ritorno.

Il monastero di Tatev, il sito più importante della regione di Syunik, è un monumento storico, superbo anche per la sua posizione strategica, appollaiato sulla cima di un ripido costone di roccia che domina con un inespugnabile precipizio le profonde gole dei fiumi Vorotan e Tatev, dagli altri lati il monastero è circondato da torri e spesse mura. Il monastero fiorì così tanto da diventare una vera potenza economica e dei più importanti centri di studi dell’Armenia, ospitando quasi mille persone, tra monaci e studenti.

Il monastero di Tatev
Il monastero di Tatev
Vista dalla teleferica verso il monastero di Tatev
Vista dalla teleferica verso il monastero di Tatev

7. Cascata di Shaki

Risalendo verso nord, lungo la strada verso Sisian, si giunge al villaggio di Shaki, dove, superato il centro abitato, si trova la bella Cascata di Shaki, formata da un affluente del fiume Vorotan. È una zona verde e ricca di acqua dove gli abitanti amano ritrovarsi per fare picnic e barbecue.

La cascata si raggiunge attraversando il sito di una piccola centrale elettrica in dismissione ma l’accesso è permesso e il cancello è sempre aperto. La cascata è alta 18 metri, ma molto ampia e scenografica. Si raggiunge con una breve passeggiata a piedi lungo un facile sentiero.

La cascata di Shaki
La cascata di Shaki

8. Monastero di Noravank

Ultima tappa della giornata, prima di rientrare a Yerevan, è il monastero di Noravank, situato nel cuore dell’altopiano armeno, nella stretta valle di Amaghu creata dal fiume Darichay, a 122 km da Yerevan, nella provincia di Vayots Dzor. Siamo a poca distanza dal villaggio di Areni, ma ho lasciato questa tappa per la conclusione della giornata prima del rientro a Yerevan perché il monastero è circondato da rocce che all’ora del tramonto assumono un particolare colore rossastro e quindi vale la pena visitare questo luogo nel tardo pomeriggio. Per arrivarci si percorre la splendida gola rocciosa dell’Amaghu lungo circa sette chilometri. Per la sua panoramica ambientazione, in un territorio montano aspro e selvaggio, circondato da monti con rocce dal caratteristico colore rossastro, in una posizione di quasi totale isolamento, il complesso è uno dei siti più spettacolari di tutta l’Armenia.

Per dormire ho deciso di rientrare a Yerevan perché le tappe del giorno successivo saranno verso nord est e quindi è necessario attraversare la capitale (leggi il post dove dormire in Armenia).

il monastero di Noravank
Il monastero di Noravank
Il suggestivo paesaggio di rocce rosse intorno al monastero
Il suggestivo paesaggio di rocce rosse intorno al monastero

GIORNO 4 - ARMENIA DEL NORD-EST

Da Yerevan si prende la strada che va verso est per visitare due dei siti più famosi dell’Armenia, entrambi Patrimonio Unesco, il tempio di Garni e il monastero di Geghard.

Sulla strada da Yerevan a Garni tappa all’Arco di Charents, un monumento dedicato al poeta Yeghishe Charents che è anche un ottimo punto panoramico da cui si può osservare la valle sottostante e il monte Ararat sullo sfondo. Sull’arco sono iscritti alcuni versi della sua Ode all’Armenia, molto significativi in questo luogo suggestivo.

Vista dall'Arco di Charents
Vista dall'Arco di Charents

9. Tempio di Garni

Residenza estiva dei re dell’antica Armenia, Garni fu uno dei grandi centri della cultura armena secolare, La maggior parte dei monumenti pagani furono però distrutti dal tempo, dalle numerose guerre e dai seguaci del cristianesimo che li trasformarono in luoghi di culto per la nuova religione. Il tempio di Garni è una felice eccezione e rappresenta l’unico tempo pagano sopravvissuto in Armenia, oltre a essere l’edificio del mondo greco-romano posto più a oriente e l’unico edificio colonnato greco-romano in Armenia (e nell’ex Unione Sovietica).

La fortezza era costruita su un promontorio triangolare, protetto naturalmente sul lato sud-est da precipizi profondi più di 300 metri, dove scorre il fiume Azat, mentre sugli altri lati sono difesi da un potente sistema di fortificazioni. Ancora oggi è possibile ammirare questa natura meravigliosa formata da profondi canyon.

10. Canyon di Garni, Sinfonia di Pietra

A una manciata di chilometri da Garni merita una tappa il Canyon di Garni dove si trova la cosiddetta “Sinfonia di pietra”. Si arriva in auto e si visita a piedi lungo un facile sentiero pavimentato che scende nella gola del fiume Azat all’interno della Riserva Statale di Khosrov.

Sulle pareti perpendicolari del canyon è possibile ammirare una formazione rocciosa formata da un impressionante insieme di regolari colonne di basalto, a sezione esagonale, simili a canne d’organo (da cui il nome “Sinfonia di pietra”), paragonabile a quelle della Giant’s Causeway in Irlanda del Nord e di Fongal’s Cave in Scozia.

Non sapevo bene cosa aspettarmi da questo luogo e si è rivelato al di sopra delle aspettative. I paesaggi naturali dell’Armenia sono qualcosa di unico.

Il tempo di Garni
Il tempo di Garni
Vista sulla valle dal tempio di Garni
Vista sulla valle dal tempio di Garni
Scorcio della Sinfonia di pietra
Scorcio della Sinfonia di pietra

11. La lavorazione tradizionale del lavash

Lungo la strada tra Gori e Ghegard ci sono alcune postazioni con alcune donne che preparano lavash, tipico pane armeno con la lavorazione tradizionale.

La donna sullo sfondo impasta, mentre quella in primo piano stende il pane e poi lo ripone nel forno nel terreno. Attenzione: non lavora in ginocchio come può sembrare dalle immagini ma anche di persona, bensì è seduta con le gambe all’interno di un’apertura poco profonda, che le permette di essere più comoda.

Penso sia qualcosa fatto per i turisti, però vi consiglio di fermarvi a guardare quello che fanno e fare una piccola degustazione con pane, formaggio e vino locale.

La lavorazione del pane lavash
La lavorazione del pane lavash

12. Monastero di Ghegard

A nordest di Garni, risalendo ulteriormente il fiume Azat, situato in uno spettacolare canyon del fiume, si trova il Monastero di Ghegard, in assoluto uno dei luoghi più affascinanti dell’Armenia e uno dei più notevoli monumenti dell’architettura armena medievale.

La particolarità che rende unico questo posto è il fatto che il monastero è in parte costruito e in parte scavato nella roccia della montagna. Splendido esempio di fondazione monastica medievale, dal 2000 fa parte della lista del Patrimonio dell’Umanità Unesco. Dal punto di vista artistico è il monastero che ho apprezzato di più perché all’interno ospita bassorilievi di gran pregio e di rara bellezza. È uno di quei luoghi che lascia a bocca aperta grazie alle sorprendenti opere artistiche, rese ancora più affascinanti dall’atmosfera cupa delle grotte.

Come per tanti altri monasteri, anche in questo luogo già in epoca pre-cristiana era presente un culto, grazie a una sorgente ritenuta sacra per i suoi poteri curativi, ora inglobata all’interno del complesso. I monaci si insediarono qui nel IV secolo dando inizia a una presenza che prosegue ancora oggi. All’inizio era chiamato Monastero della Caverna, anche per la presenza di piccole grotte sui pendii della montagna un tempo abitate dagli eremiti. Col passare dei secoli il complesso divenne luogo di pellegrinaggio e venne ampliato con la costruzione di chiese, cappelle ed edifici residenziali dei monaci. Depredato dai musulmani, venne ricostruito con mura e fortificazioni. Il monastero che vediamo oggi risale al XII-XIII secolo. Da allora il monastero venne sempre salvaguardato dalle principali famiglie principesche, in particolare quella dei Proshian che fece scavare splendide strutture rupestri che ancora oggi costituiscono la fama del complesso e commissionò alcuni dei più elaborati khatchkar che si trovano addossati o inglobati nei muri.

La chiesa principale del complesso è addossata alla montagna e sulla facciata sud si nota uno splendido portale. Costruito contro il lato occidentale della chiesa, il gavit è direttamente addossato alla nuda roccia della montagna ed è sormontato da una piccola cupola aperta decorata con stalattiti, le cosiddette muqarnas, di ispirazione arabeggiante, il miglior esempio di questo tipo in Armenia. Inserite nel pavimento si trovano numerose tombe di nobili e monaci.

Nell’angolo nord-ovest del gavit, un passaggio conduce a una struttura scavata interamente nella roccia, ottenuta allargando una preesistente grotta, frequentata già in epoca pagana per la presenza di una sorgente ritenuta sacra. Un’apertura nell’angolo nord-est del gavit consente l’accesso a due successive camere, scavate interamente nella roccia. La prima, decorata con elaborati rilievi, era usata come sepoltura per i membri della famiglia Proshian. Sul muro nord si trova un magnifico bassorilievo che riporta il simbolo araldico dei Proshian, con due leoni affrontati e le lunghe code che terminano con una testa di dragone e al centro un’aquila che tiene un agnello tra gli artigli. Da qui una porta, ricavata nella parete est, consente l’accesso alla chiesa rupestre di Surb Astvatzatzin con tre anticamere e cupola con foro centrale circolare per lasciar passare la luce.

Uscendo dal gavit inferiore e girando a destra, una piccola scalinata permette di accedere a uno stretto passaggio, scavato nella roccia e con le pareti ornate di molte croci incise, che conducono a una stanza, anch’essa interamente ricavata nella roccia a un livello superiore con il mausoleo della famiglia Proshian.

L'ingresso al monastero
L'ingresso al monastero
Uno dei più suggestivi bassorlievi del monastero di Ghegard
Uno dei più suggestivi bassorlievi del monastero di Ghegard
Il sobrio interno del monastero di Ghegard
Il sobrio interno del monastero di Ghegard
La scalinata esterna
La scalinata esterna

13. Lago Sevan

Dopo la visita ai Garni e Ghegard si ripercorre la stessa strada fino a incrociare la statale che da Yerevan porta al lago Sevan, situato a 1900 metri di altitudine. Con una superficie di 940 kmq, una lunghezza di 80 km e una larghezza di 30 km nel punto più ampio, Sevan è il più grande lago del Caucaso è uno fra i più grandi laghi d’acqua dolce d’alta quota del mondo.

Unico dei tre laghi della Grande Armenia a essere rimasto nel territorio della Repubblica armena, il lago Sevan ha un colore che varia dall’azzurro abbagliante al blu intenso passando per mille sfumature intermedie, a secondo del tempo.

Sul lago Sevan fuori stagione
Sul lago Sevan fuori stagione
Il villaggio di Sevan
Lungo le strade del villaggio di Sevan

14. Cimitero di Noratus

Prima di procedere verso Sevan, deviazione verso sud per vedere una delle zone più interessanti del Paese dal punto di vista culturale. L’antico villaggio di Noratus, oggi Noraduz, si trova sulla sponda occidentale del lago Sevan, vicino a Gavar e ospita un antico cimitero.

Si tratta del più importante sito conservato in Armenia di khachkar, le tipiche croci di pietra armene usate come steli commemorative non solo funerarie.

Il cimitero conserva circa 800 khachkar, di notevole bellezza, realizzate in un arco di tempo che va dal IX al XVIII secolo. Sono il gruppo più grande oggi ancora esistente nell’intera Repubblica di Armenia, dopo la distruzione sistematica e volontaria di circa 5000 khachkar a Julfa nel Nakhitchevan, condotta da parte del governo azero tra la fine del 2005 e l’inizio del 2006.

I khachkar sono tutti rivolti con la faccia decorata grosso modo verso ovest, segno della loro funzione prevalentemente funeraria e sono ricoperti di muschi e licheni. Alcune croci sono semplici altre sono scolpite con bassorilievi molto interessanti.

Un’anziana del villaggio che qui vende i suoi prodotti fatti a maglia, sarà felice di farvi da guida e spiegarvi la storia delle pietre più interessanti in cambio di una mancia.

cimitero Noratus
Alcune grandi lapidi con le tipiche croci armene
cimitero Noratus
Una delle lapidi più antiche del cimitero di Noratus

15. Monastero di Hayravank

Tornando indietro verso Sevan, a circa 30 km a sud del villaggio, breve tappa all’incantevole complesso monastico di Hayravank, situato sulla sponda sud-occidentale del lago, su una piccola altura, a fianco della strada che costeggia il lago.

Ricoperto, così come le rocce circostanti, da licheni di colore rosso-arancio, è un tipico monastero di tufo che ha 1100 anni, con un cimitero disseminato di khachkar che testimoniano secoli di vita armena. Dal promontorio su cui sorge si apre una bella vista del Lago Sevan.

Il monastero di Hayravank
Il monastero di Hayravank

16. Monastero di Sevanavank

Le spiagge più frequentate sono situate lungo la sabbiosa costa meridionale della penisola dove si trova il complesso monastico di Sevanavank, in posizione sopraelevata sul lago e raggiungibile tramite una lunga scalinata.

In passato qui si trovava un antico tempio pagano sostituito nel IV secolo, dall’attuale chiesa in rovina. Le due altre belle chiese del sito, Surp Astvatsatsina e Surp Arakelots furono costruite qui nel IX secolo. I panorami del lago dalla sommità della collina sono davvero spettacolari.

Purtroppo io a maggio ho trovato una giornata di pioggia e anche così il sito merita moltissimo. Con il sole deve essere davvero spettacolare. Questa purtroppo è però una delle zone più piovose dell’Armenia.

Il complesso monastico di Sevanavank
Il complesso monastico di Sevanavank
Straordinari fenomeni naturali suul lago Sevan in un giorno di pioggia
Straordinari fenomeni naturali suul lago Sevan in un giorno di pioggia

GIORNO 5 - ARMENIA NORD

17. Il villaggio di Dilijan

Dal Sevan il viaggio prosegue verso nord per raggiungere la regione di Lori e inoltrarsi nella Gola di Debed che ospita alcuni tra i più importanti monasteri Unesco. Ma non solo. Questa è una delle regioni più interessanti dal punto di vista naturalistico: verdissimi altipiani si innalzano su gole rocciose dalle forme irregolari, dando vita a paesaggi che sembrano usciti da un film fantasy, villaggio costruiti a strapiombo sulle rocce che celano pascoli verdissimi e prati fioriti. E tantissimi boschi. È anche una regione molto piovosa, quindi serve partire attrezzati e con un po’ di flessibilità.

Prima di esplorare la regione di Lori vale la pena fare una tappa a Dilijan, la città più verde dell’Armenia e un famoso luogo di villeggiatura, con la sua architettura tipica. Il centro storico è di modeste dimensioni, quindi si può visitare in un’ora. Ci sono bellissime botteghe di artigiani dove è possibile acquistare souvenir autentici a prezzi modici.

Il villaggio di Dilijan potrebbe essere anche una buona soluzione per dormire una notte se passate da queste parti.

Dilijan
Architettura tipica di Dilijan
Una bottega artigiana a Dilijan
Una bottega artigiana a Dilijan

Superati Sevan e Dilijan si procede lungo la statale fino a Vanadzor, il capoluogo della regione di Lori e la terza città dell’Armenia, con circa 100mila abitanti. La città è stata un importante centro economico lungo la strada che collega l’Armenia alla Georgia. Da Vanadzor si prosegue verso nord imboccando la statale che corre lungo la valle del fiume Debed.

La Gola di Debed è un luogo straordinario, sia dal punto di vista naturalistico sia culturale. Quasi tutti i villaggi situati lungo il corso del fiume Debed possiedono una chiesa, una cappella, un vecchio forte e qualche khachkar. In varie zone della gola sono ben visibili le stranianti infrastrutture di epoca sovietica, come ad esempio nel villaggio di Alaverdi, dando vita a una mescolanza molto affascinante tra natura e rovine industriali.

Lungo la strada principale da Vanadzor ad Akhtala, ci sono tutte le tappe di questa giornata. Si può quindi procedere visitando i siti da sud a nord e poi tornare indietro, oppure andare dritti ad Akhtala all’estremo nord e poi visitare i siti lungo la strada del rientro. Il consiglio è quello di dare un’occhiata al meteo: se a sud piove, a nord potrebbe esserci bel tempo e viceversa. Considerate quindi la variabile meteo e regolatevi in base a questo, nei limiti del possibile. Io ho visto prima Odzun, poi, visto che aveva iniziato a piovere, siamo andati a nord fino ad Hagpat e Akhtala e sulla strada del rientro ho visitato Sanahin per ultimo. Ma per comodità in questo itinerario, inserisco i siti da sud a nord.

Tra natura selvaggia e rovine industriali nella regione di Lori
Tra natura selvaggia e rovine industriali nella regione di Lori
La scenografica regione di Lori
La scenografica regione di Lori

18. La chiesa di Odzun

Il villaggio di Odzun si raggiunge attraversando un altopiano che sembra uscito da una favola con prati fioriti e pascoli verdi, dopo un panoramico percorso a tornanti, nella valle del fiume Debed. L’insediamento avrebbe seimila anni di storia.

A Odzun si viene per ammirare la chiesa dedicata alla Santa Madre di Dio che, per originalità di concezione, varietà e maestosità delle superficie e dei volumi, è considerata una delle più belle basiliche a cupola d’Armenia.

La chiesa ha una galleria su tre lati e molti elementi decorativi del VI e VII secolo come ad esempio le cornici arcate, il riquadro del portale occidentale ornato con viti sinuose, le incisioni sulle mensole delle finestre, le iscrizioni sul muro orientale e sul timpano dell’ingresso meridionale. Intorno alla chiesa ci sono numerose sepolture. All’esterno accanto alla chiesa si erge il monumento di Odzun, probabilmente funerario o commemorativo.

La chiesa di Odzun
La chiesa di Odzun
L'altopiano fiorito a Odzun
L'altopiano fiorito a Odzun

19. Il Monastero di Sanahin

In una manciata di chilometri da Odzun si raggiunge il villaggio di Sanahin, abbarbicato sulla parete della gola, al di sopra di Alaverdi. Sulle pendici boscose del monte Tchantinier, ai margini della vallata del fiume Debed. si trova uno dei monasteri medievali armeni Patrimonio Unesco.

Il Monastero di Sanahin sorge sopra le fondazioni di una chiesa del IV-V secolo e si sviluppò tra il X e il XIII secolo, diventando uno dei principali centri culturali e religiosi dell’Armenia. Nell’XI secolo a Sanahin e nel vicino monastero di Haghpat vivevano e lavoravano ben 500 monaci. Il suo nome può avere due significati: letteralmente significa “più antico dell’altro”, riferendosi al vicino Monastero di Haghpat, oppure dall’armeno “san” che significa “giara”, visto che la zona era produttrice di giare in terracotta. I due monasteri sono legati anche al nome di Sayat Nova, il più grande poeta lirico armeno del Settecento che da bambino studiò a Sanahin e dal 1768 visse ad Haghpat come monaco e sagrestano.

La fondazione e lo sviluppo di Sanhain cominciarono verso il 930 e durarono 300 anni, fino al XIII secolo. La nascita e il fiorire del monastero avvengono in un periodo storico in cui, dopo la decadenza dovuta alla lunga dominazione araba, si assiste, con l’acquisita indipendenza, a un rapido rifiorire della cultura, in particolare dell’architettura. Questo rifiorire culturale permette di rivedere le precedenti esperienze architettoniche e di concepirne di nuove, che si concretizzano nei monasteri, i maggiori centri di cultura del Paese. Sanahin riassume così le esperienze architettoniche armene del periodo tra il X e il XIII secolo. La grande biblioteca del monastero fu costruita nel 1063. A pianta quadrata e con soffitto a volta, ha 10 nicchie di varia grandezza in cui venivano archiviati i codici e i libri.

L'imponente mole del monastero di Sanhain
L'imponente mole del monastero di Sanhain
Una delle suggestive sale interne di Sanhain
Una delle suggestive sale interne di Sanhain

20. Il Monastero di Haghpat

Il secondo complesso monasteriale della Gola di Debed, anch’esso Patrimonio Unesco dal 1996, si trova a sei chilometri dalla strada statale. Siamo quasi al confine con la Georgia, sul margine settentrionale del largo e profondo vallone solcato dal fiume Tzoraguet. Qui, a metà del pendio, in posizione privilegiata a dominare la gola, alla fine del X secolo sorse, probabilmente sul luogo di un più antico tempio pagano, il Monastero di Haghpat, che ha un’atmosfera davvero particolare, perfettamente integrato con l’ambiente e di straordinaria bellezza, testimone dello splendore dell’architettura armena nel periodo successivo alla dominazione araba.

Per alcuni anni qui visse Sayar Nova, il maggior poeta armeno del Settecento. L’edificio più antico, fondato intorno al 966 dalla regina Khosrvanuch e completata nel 991, è la Chiesa di Surp Nishan (Santa Croce) al centro del complesso cinto da mura, in tufo, a forma di croce racchiusa in una struttura quadrangolare. Il monastero conobbe un periodo di grande splendore nell’XII e XIII secolo, quando furono aggiunte la torre campanaria, il gavit, una biblioteca, una sala per il refettorio e gli affreschi di Surp Nashan. Gli altri edifici del complesso includono due chiese dell’XI secolo e un gavit duecentesco isolato sul retro del sito. Quest’ultimo ha un’acustica straordinaria e incornicia una magnifica vista del panorama circostante.

Il complesso del monasterok di Haghpat
Il complesso del monasterok di Haghpat
La vista sul panorama incornicata da un'apertura del monastero
La vista sul panorama incornicata da un'apertura del monastero

21. Il Monastero di Akhtala

Il monastero di Akhtala si trova più a nord di Haghpat, in direzione del confine con la Georgia, nei pressi del villaggio omonimo. È molto meno frequentato dei più famosi Sanahin e Haghpat, ma è situato in posizione panoramica sul bordo della valle e contiene splendidi affreschi in stile bizantino che lo rendono diverso da tutti gli altri. Il complesso è circondato da mura difensive e comprende fortificazioni originarie del X secolo.

La chiesa Surp Mariam Astvatsatsin (Santa Maria Madre di Dio) fu costruita nella prima metà del XIII secolo dal principe Ivane Zakarian come chiesa ortodossa georgiana sul sito di una chiesa preesistente. La chiesa, in basalto a forma di basilica a tre navate con cupola, ha evidenti influenze bizantine, che si notano soprattutto nelle croci scolpite sulla facciata e negli affreschi dai colori vivaci che comprendono scene dedicate alla Vergine Maria, il Giudizio Universale e figure di santi.

Finite le tappe, da Aktala si ripercorre all’indietro la statale fino a Vanadzor e da lì si prosegue verso ovest in direzione Gyumri lungo la statale verso la provincia di Shirak. Io ho trascorso la notte a Vanadzor perché temevamo di non fare in tempo a raggiungere Gyumri. Se riuscite a dormire a Dilijan invece che a Sevan come ho fatto io, potete immaginare di alloggiare a Gyumri.

Il monastero di Akhtala
Il monastero di Akhtala
Il monastero abbarbicato sullo spuntone di roccia
Il monastero abbarbicato sullo spuntone di roccia

GIORNO 6 - ARMENIA OVEST

L’ovest dell’Armenia è quasi tutto pianura ed è la zona più arida del Paese. Il vantaggio è che percorrere le strade è facile: sono tutte diritte e attraversano spazi sterminati in mezzo al nulla, tranne qualche sparuto villaggio.

Non ci sono molti turisti da queste parti, alcuni si spingono soltanto a visitare i siti vicini alla zona dell’aeroporto, ma visitare Gyumri secondo me vale il viaggio, anche se è necessaria una deviazione in un’area che non ha molto da offrire dal punto di vista paesaggistico o artistico.

22. La città di Gyumri

Seconda città dell’Armenia per grandezza, a circa 125 km da Yerevan, nella regione di Shirak, nel nord ovest del Paese, che confina con Turchia e Georgia, Gyumri secondo me è una città molto affascinante. Si trova in una zona ancora scarsamente battuta dal turismo e spesso esclusa dai più comuni itinerari, Gyumri venne anche rasa al suolo nel 1988 da un terremoto dalla violenza inaudita che causò 25mila morti. Gyumri però ha una storia molto interessante e fu per secoli è il polo culturale, artistico e industriale dell’Armenia e non solo.

Alla fine del XIX secolo aveva circa 32mila abitanti ed era la terza città più importante del Caucaso dopo Tbilisi e Baku, conosciuta per le scuole, i suoi musicisti e i suoi scrittori. Sicuramente ancora oggi è la cittadina del Paese a conservare l’architettura più interessante, con gli edifici costruiti in tufo nero tra il XIX e il XX secolo, molti dei quali sono stati ristrutturati. Quello che rimane e che è stato recuperato rivela grande originalità e creatività e vale la pena di essere scoperto.

Il centro storico si visita in mezza giornata, ma secondo è bello rimanere di più in città e magari dormirci una notte (cosa che a me non è riuscita a causa della tempistica). Sicuramente Gyumri è un luogo dove mi piacerebbe tornare, magari dalla Georgia, visto che si trova sulla direttrice che conduce a Tbilisi. L’esplorazione di Gyumri può partire da piazza Vartanants, dove è anche facile trovare parcheggio. Sulla piazza si affacciano il Municipio, l’October Cinema, la Cattedrale della Santa Vergine Maria e la Chiesa di San Salvatore. Alle spalle di quest’ultima si apre un giardino su cui si trova il Monumento in ricordo delle vittime del terremoto del 1988. Vale la pena superare il monumento e proseguire fino al termine dello slargo, dove si trova l’Hotel Alexandrapol. Da qui inizia il bellissimo mercato alimentare all’aperto di Gyumri.

Ritornando sui vostri passi verso la piazza principale, sono due le strade che meritano essere percorse per ammirare l’architettura locale e scoprire case museo e palazzi storici, ma anche caffè e negozi locali. Abovyan Street è la via pedonale commerciale su cui si affacciano bar e ristoranti. Vale la pena percorrerla fino all’incrocio con Rustaveli Street, subito dopo la chiesa di Saint Nshan. Verso sinistra si ammirano alcuni edifici con l’architettura tipica, verso destra si arriva invece alla Casa-Museo di Mher Mkrtchyan, attore teatrale e cinematografico armeno. Dal museo si può percorrere Shahumyan Street verso piazza Vertanants per ammirare altri edifici storici tra cui quelli che ospitano le case-museo dei poeti Avetik Isahakyan e Hovhannes Shiraz.

Gyumri è una città con un enorme potenziale ed è bellissima da scoprire a piedi per ammirare un’architettura che mescola uno stile originale unico al mondo e offre uno spaccato dell’Armenia di un secolo fa.

La cattedrale di Gyumri
La cattedrale di Gyumri
Il mercato di Gyumri
Il mercato di Gyumri

23. Il Memoriale di Sardarapat

Serve un’altra deviazione per arrivare in questo luogo e fino all’ultimo sono stata incerta se farla o meno, però mi dispiaceva andarmene dall’Armenia senza visitare il monumento che ricorda i caduti nella battaglia del 26 maggio 1918 nella quale l’esercito della prima repubblica armena respinse quello turco, salvando il Paese da una probabile devastazione.

Questo è un luogo altamente simbolico per gli armeni, perché la vittoria di Sardarapat permise alla nazione di continuare ad esistere. È un luogo poco frequentato dai turisti, ma ha una grande importanza per gli Armeni.

Si trova in una zona poco abitata e totalmente pianeggiante dell’area ovest del Paese. Da Gyumri prendete la direzione verso Yerevan, al villaggio di Talin svoltate verso destra in direzione Arteni e poi verso Armavir. Oltrepassata la città di Armavir, dopo circa 10 km si arriva al villaggio di Saradarapat da cui si deve ancora proseguire perché il memoriale si trova nel paese di Araks. La strada è pianeggiante e non presenta particolari difficoltà, è sufficiente seguire le indicazioni stradali.

Posto su una collina, l’imponente monumento, progettato dall’architetto Raphael Israelyan, è un edificio in tufo costruito nel 1968 in occasione del 50° anniversario della battaglia ed è formato da una torre affiancata da due leoni alati con campane che suonano ogni anno nel giorno della ricorrenza. Sul muro sono incisi i nomi dei caduti.

Un lungo viale con belle aiuole di fiori conduce dal memoriale al museo che conserva reperti archeologici e militari, mentre il museo etnografico espone una collezione di tappeti, ceramiche, gioielli e oggetti di artigianato. Purtroppo io ero qui di lunedì, giorno di chiusura del museo che quindi non ho potuto visitare.

Memoriale di Sardarapat
Memoriale di Sardarapat
Il giardino del Memoriale di Sardarapat
Il giardino del Memoriale di Sardarapat

24. Il complesso della Santa Sede di Echmiadzin

Nella zona non distante dall’aeroporto, per la precisione nel villaggio di Vagharshapat, si trova un luogo di grande importanza per gli armeni. Si tratta di Echmiadzin, il centro spirituale della Chiesa Apostolica Armena e la santa sede del Catholicos, il patriarca supremo di tutti gli armeni. Designata Patrimonio Unesco nel 2000, questo luogo è meta di pellegrinaggio degli armeni di tutto il mondo.

Questa sorta di Vaticano armeno è il luogo in cui Surp Grigor Lusavorich vide un raggio di luce cadere sulla terra in una visione divina e dove fece erigere la prima Mayr Tachar (Madre Chiesa d’Armenia). Il complesso della cattedrale e l’insediamento attiguo svolsero la funzione di capitale dell’Armenia dal 180 al 340, quando la nazione si convertì al cristianesimo. La sede fu poi spostata da una località all’altra per secoli, prima di tornare definitivamente a Mayr Tachar nel 1441. La cattedrale, che fu ampiamente ricostruita nel XV secolo, al momento della mia visita era in restauro, così come la maggior parte degli altri edifici del sito, che si possono comunque ammirare dall’esterno. In particolare, la torre campanaria a tre livelli della chiesa principale, situata all’ingresso della chiesa è riccamente scolpita e risale al 1654.

Gli altri edifici di questo sito sono il Museo della Cattedrale, il Palazzo del Katholicos con il Museo della Residenza Pontificia, una serie di gallerie dove sono allestite collezioni d’arte, tesori ed effetti personali del katholicos e dei re d’Armenia. I giardini della Mayr Tachar ospitano il Monumento al genocidio del 1915-23 e molte khachkar provenienti da tutto il paese. Nel complesso si trovano anche un buon numero di chiese moderne, seminari e biblioteche, fra cui l’edificio più degno di nota è la Chiesa dei Santi Arcangeli, accanto all’ingresso principale, consacrata nel 2011.

A Vagharshapat ci sono altre tre chiese degne di nota, la più importante e la più bella delle quali è la Surp Hripsime, costruita nel 618 al posto di una cappella precedente. La chiesa si trova sulla strada principale nei pressi dell’ingresso della città, vicino alla circonvallazione.

L'ingresso alla Santa Sede di Echmiadzin
L'ingresso alla Santa Sede di Echmiadzin
La chiesa principale della Santa Sede di Echmiadzin
La chiesa principale della Santa Sede di Echmiadzin
Uno degli affreschi del portico della chiesa principale
Uno degli affreschi del portico della chiesa principale

25. La Cattedrale di Zvartnots

Ultima tappa prima del rientro a Yerevan, nei pressi dell’aeroporto di Zvartnots, c’è la Cattedrale di Zvartnots o, per meglio dire, le sue evocative rovine. Distrutta nel X secolo, nel 2000 quel che rimane è stato inserito nel Patrimonio Unesco. È uno dei pochi siti a pagamento, ma la cosa importante da ricordare quando programmate l’itinerario è che il sito chiude alle 17. C’è anche un museo, che il lunedì però è chiuso e che per questo non ho potuto visitare.

Le rovine rimasero sepolte fino al XX secolo, quando furono riportate alla luce. La chiesa è stata in parte ricostruita in una forma poligonale, con le colonne che sostengono gli archi. Rimangono anche numerosi resti scultorei intorno alla struttura principale. Attorno alla cattedrale si trovano infine le rovine del palazzo, il torchio e i recipienti di pietra di una grande vigna medievale.

Il luogo è molto suggestivo, avvolto nel silenzio, con l’Ararat e il Piccolo Ararat a fare da sfondo.

Cattedrale di Zvartnots
I resti della Cattedrale di Zvartnots con l'Ararat e il Piccolo Ararat alle spalle

GIONO 7 - YEREVAN, CAPITALE DELL’ARMENIA

26. Yerevan, la capitale

Vale la pena dedicare almeno un giorno e mezzo o due alla visita di Yerevan, la capitale dell’Armenia. Io ho deciso di lasciare la visita della capitale alla fine del viaggio on the road, per essere già in città prima di riprendere l’aereo per il rientro in Italia.

Yerevan è adagiata in una valle circondata su tre lati da colline, con il piccolo fiume Hrazdan che scorre in una gola tortuosa a ovest del centro cittadino. Qui vive un terzo della popolazione del Paese, circa un milione duecentomila abitanti. Dopo l’inizio della guerra tra Russia e Ucraina, a Yerevan si sono stabiliti circa centomila russi e altrettanti ucraini che sono riusciti a fuggire dal conflitto. La conseguenza è stata una lievitazione ulteriore dei prezzi in generale e in particolare dei ristoranti, spesso pieni di “turisti” russi anche durante i giorni feriali.

Sono poche le tracce rimaste dell’antico passato della città, dato che la maggior parte degli edifici risale all’epoca sovietica. Ci sono numerosi parchi e giardini in tutta la città e molti bar e ristoranti con tavolini all’aperto, oltre che chioschi con street food e gelati. È una città moderna e vivace, molto piacevole da vivere.

Yerevan fu il capoluogo di svariati Khanati musulmani e di governatori persiani finché non fu annessa all’impero russo nel 1828. Fino al XIX secolo Yerevan era solo una cittadina di provincia, ma divenne importante a partire dai primi decenni del Novecento.

L’odierna planimetria a reticolo fu progettata negli anni ’20 da Aleksandr Tamanian, con l’idea che i viali principali dovessero indicare la direzione del Monte Ararat.la città è formata da una serie di eleganti viali alberati al cui centro si trova Piazza della Repubblica. A breve distanza in direzione nord Piazza dell’Opera ospita l’edificio dell’Accademia Nazionale Armena del Teatro dell’Opera e del Balletto.

Piazza della Repubblica
Piazza della Repubblica
Piazza della Repubblica con l'illuminazione notturna
Piazza della Repubblica con l'illuminazione notturna

Nella parte nord della città si trova la monumentale scalinata in pietra nota come Cascade, iniziata in epoca sovietica e rimasta incompleta per molti anni, finché nel 2002 il miliardario americano di origine armena Gerard L. Cafesjian non decise di recuperarla e di trasformarla in un Centro d’arte internazionale Cafesjian, una delle principali attrazioni culturali della città, inaugurato nel 2009. Il progetto, costato milioni di euro, ha ridato smalto a questa enorme gradinata che collega la zona del teatro dell’Opera con il parco della Vittoria più in alto. I lavori di rinnovamento hanno creato un sistema di scale mobili e ascensori interni che permettono di evitare di salire i circa 800 scalini del monumento. Accanto alla scala mobile si trovano alcune piattaforme dove sono in mostra opere d’arte del XX secolo della collezione personale di Cafesjian insieme a sculture e mobili contemporanei. Pezzi come Marilyn Bocca Lip Sofa dello Stufio 65 per Gufram, Lipstick di Giorgio Laveri e Butterfly Seat di Richard Cresswell sono soltanto tre delle numerose opere che catturano lo sguardo usando la scala mobile. Altre opere d’arte si trovano di fronte alla Cascata, in un giardino di sculture. Lungo le due vie che delimitano il parco si susseguono numerosi caffè, bar e ristoranti con tavolini all’aperto.

Sopra la Cascade si trova la statua di Madre Armenia, alta 22 metri, con il viso austero, la posa militaresca e un’enorme spada impugnata. All’interno del piedistallo è allestito il Museo Militare Madre Armenia, che documenta il coinvolgimento degli armeni nella seconda guerra mondiale oltre che la sanguinosa guerra del Nagorno-Karabakh tra il 1988 e il 1994 con l’Azerbaigian. Il museo fu inaugurato nel 1950: originariamente sul piedistallo si ergeva una statua di Stalin alta 17 metri, sostituita poi nel 1967 con la statua di Madre Armenia. Madre Armenia è situata all’interno del Parco della Vittoria, un grande spazio verde con alberi dove si può passeggiare, divertirsi al luna park o sedersi a un caffè all’aperto.

Un altro luogo importante da visitare a Yerevan è Matenadaran, la grande biblioteca che custodisce gli antichi manoscritti dell’Armenia, fondata nel 1959 e che si erge come una cattedrale in cima al viale più importante di Yerevan, intitolato a Mesrop Mashots, l’inventore dell’alfabeto armeno. Qui sono conservati circa 17mila manoscritti e codici miniati, circa 14mila in armeno e 3mila in altre lingue. Alla base dell’edificio, che risale al 1957, una statua che ritrae Mashtots intento a insegnare l’alfabeto al discepolo Koriun, mentre le statue poste vicino all’ingresso raffigurano altri sei importanti studiosi e scrittori.

La Cascade con una delle sculture
La Cascade con una delle sculture
La Biblioteca storica
La Biblioteca storica

GIORNO 8 – YEREVAN E RIENTRO IN ITALIA

Non si può visitare Yerevan senza recarsi al Memoriale e Museo del Genocidio, sulla Collina delle Rondini. Più comodo e veloce andarci in taxi e poi rientrare a piedi in città. È il luogo che commemora il massacro di circa un milione e mezzo di armeni ad opera del governo ottomano nel periodo dal 1915 al 1922. Il museo espone documenti e immagini corredati da pannelli informativi che spiegano come si svolse quello che è stato definito il primo genocidio del Novecento.

Un muro di basalto lungo 100 metri, nel quale sono inscritti i nomi dei villaggi e delle città dove si sono svolti i massacri, porta al memoriale, costruito nel 1967 e composto da una guglia alta 44 metri divisa in due parti strettamente avvinte tra loro, che rappresenta la divisione tra Armenia orientale e occidentale e allo stesso tempo enfatizza l’unità del popolo armeno. Vicino alla stele si trovano 12 lastre di basalto che rappresentano le 12 province perse dell’Armenia occidentale, territorio consegnato alla Turchia con un accordo di pace tra Ataturk e Lenin firmato dopo la prima guerra mondiale, disposte a cerchio e inclinate verso lo spazio interno, al centro del quale brucia una fiamma eterna a perenne ricordo delle vittime. Il 24 aprile di ogni anno, giorno in cui si commemora l’inizio del genocidio del 1915, migliaia di armeni provenienti da ogni parte del mondo risalgono la collina delle rondini e posano un fiore sulla base circolare che circonda la fiamma eterna per ricordare le vittime.

Il Memoriale si trova alla periferia di Yerevan e si può raggiungere in taxi. Calcolate almeno un paio di ore per raggiungere e visitare questo luogo fondamentale per gli Armeni e per chiunque voglia comprendere la storia del Paese.

Avrei comunque aver avuto più tempo per visitare Yerevan perché ci sono anche altri musei interessanti da scoprire. Non è una città semplicissima da vedere perché il primo impatto è abbastanza caotico, ma è uno di quei luoghi che può riservare molte belle sorprese.

Il Memoriale del Genocidio
Il Memoriale del Genocidio
La fiamma eterna al Memoriale del Genocidio
La fiamma eterna al Memoriale del Genocidio
Una delle sale del Museo del Genocidio
Una delle sale del Museo del Genocidio

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Giornalista, blogger e autrice di guide di viaggio, non riesce ad immaginare una vita senza viaggi per scoprire nuovi luoghi e conoscere culture diverse. Ama l'arte, la natura, la fotografia, i libri e il cinema. Appassionata di Balcani e di Europa dell'Est, di Medio Oriente e Sud Est asiatico, spera di riuscire a vedere tutto il mondo possibile.

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